7.3.22

I mea culpa non servono.

DI NINO RUGGIERO

È la matematica, assieme all’incrollabile passione dei suoi fedelissimi, che tiene ancora in vita le speranze della Paganese di evitare i play-out. Contro l’Avellino non c’è stato molto da fare. Troppo forti gli irpini, accompagnati da un pizzico di buona sorte che va sempre a braccetto con i migliori, perché la Paganese riuscisse a spuntarla sui rivali. Eppure, se andiamo ad analizzare la gara, soprattutto dopo aver subìto il gol del temporaneo zero a uno, i padroni di casa avevano avuto una buona reazione e grazie alla sapiente regia di Bensaja, un atleta che bada al sodo e che gioca di prima senza inutili ghirigori, avevano preso le misure all’avversario; prova ne sia che per ben due volte di seguito il portiere avellinese aveva dovuto smanacciare in angolo due tiri di Guadagni da distanza ravvicinata. 

Nel calcio però non c’è mai spazio per le recriminazioni da bar; quando sei martello devi battere e colpire. Cosa che la Paganese non è riuscita a fare nel suo periodo migliore lasciando poi il campo, nel secondo tempo, a un Avellino baldanzoso e sicuro di sé. Le mosse tattiche di Grassadonia non sono servite e, anzi, è stato proprio Firenze a servire con un improvvido disimpegno a Kragl il pallone del definitivo zero a due.Con la sconfitta casalinga, la seconda di seguito, gli azzurro-stellati restano ancorati alle infide posizioni di classifica che portano alla disputa dei play-out. Niente di definitivo, in verità, ma è chiaro che solo calzando gli stivali delle sette leghe la squadra potrebbe aspirare a una posizione di classifica meno inquietante. 

A questo punto è chiaro anche che bisognerà rassegnarsi a recitare il solito ruolo (non è infatti la prima volta nella lunga storia locale) della squadra che si deve salvare attraverso la lotteria dei play-out. Inutile anche recriminare su quello che, nelle intenzioni della viglilia, doveva essere fatto ma non è stato realizzato per svariati motivi che, per carità di patria, non è il caso di elencare. I mea culpa, quando non c’è più la possibilità di agire sul mercato, non servono a niente a nove giornate dal termine. Oggi come oggi bisognerà solo pensare di salvare il salvabile nella speranza che gli errori commessi in fase di allestimento della squadra e nella sezione invernale, quella della cosiddetta fase di riparazione, possano suonare a monito per il futuro.

Nino Ruggiero