8.5.23

I sogni non muoiono solo all’alba.

DI NINO RUGGIERO

Scrivere, sì devo scrivere. Già, come se fosse facile. E che vi dico? Che la conclusione nefasta della partita con il Tivoli l’abbiamo solo sognata? Datemi un pizzicotto, svegliatemi; ditemi che si tratta solo di un brutto sogno finito male. Una conclusione amara che mi perseguita e non mi dà pace da ore. Se è stato un brutto sogno, lo abbiamo fatto in tanti, direi tantissimi, più di quelli che si potevano immaginare; forse una città intera, coinvolta come non mai da una specie di miraggio nel deserto. Adesso non basta un pizzicotto per svegliarci e portarci alla realtà. No, non poteva e non doveva finire così!


Come è stato, come è possibile? Un obiettivo a portata di mano fallito a soli venti minuti dalla fine. C’erano tutte le premesse per completare un percorso difficile ma percorribile. Un primo tempo giocato senza storia, contro un Tivoli tremebondo che tenta solo di limitare i danni. Moro tranquillo tra i pali, mai infastidito da una squadra votata solo alla difensiva. Una, due, tre volte la Paganese va a un passo dalla segnatura. Quando si domina bisogna mettere i palloni in rete; altrimenti si tratta solo di predominio territoriale fine a se stesso. Una pecca della Paganese di quest’anno, una delle tante. Il gol, meritatissimo, liberatorio, arriva ancora una volta da un inserimento sotto rete di De Felice sul finale del tempo. Poteva e doveva essere un gol storico, di quelli che vengono ricordati a futura memoria perché risolutivo. Doveva…

E invece alla ripresa delle ostilità il Tivoli cambia faccia dopo aver rischiato di prendere il secondo gol da Maggio. Due innesti dopo una decina di minuti, Coquin e Mastropietro, portano una ventata di freschezza alla squadra di casa; riequilibrano lo schieramento tattico del Tivoli e portano seri fastidi dalla trequarti in avanti. La Paganese accusa il colpo, si tira indietro ma non riesce a frenare l’irruenza e la vitalità soprattutto di Coquin che prende a svariare su tutto il fronte d’attacco. Alla squadra azzurrostellata manca un efficace filtro a ridosso della difesa, presa d’infilata non solo dall’irrefrenabile Coquin ma anche dai rinfrancati Fall e Mastropietro. Tardive e poco efficaci le contromosse da parte della Paganese. Qualche calciatore chiaramente in debito d’ossigeno per aver dato troppo nella prima parte della gara viene tenuto in campo, qualche altro sembra accusare più del dovuto la risistemazione di ordine tattico dei padroni di casa mossi da un furore agonistico che li vede arrivare per primi su tutte le seconde palle, quelle che sfuggono al controllo. In altre occasioni, e non è una novità, la Paganese era riuscita a difendere il vantaggio risicato fino all’ultimo fidando sulla forza della difesa. A Tivoli non è così; è tutto l’apparato difensivo che va in crisi soprattutto dopo l’inopinata segnatura arrivata a venti minuti dal termine e che rimette tutto in gioco: promozione della Paganese e salvezza del Tivoli.

La Paganese è sotto shock. Scoramento, mancanza di forze, acido lattico nelle gambe quanto ne vuoi; va tutto a rotoli. La squadra non c’è più, né con la testa, né con le gambe. È proprio finita!

La storia della Paganese non è scevra da scoramenti e da disfatte sportive. Una su tutte quella del 1965-66. In quell’annata la squadra si classificò prima senza perdere una sola partita. La perse poi allo stadio “Collana” di Napoli contro la Sessana in una finale da “mors tua vita mea” e non fu promossa in serie D. La società non si scompose, si ripromise di di non demordere e l’anno successivo fu poi promossa nel corso delle finali che si svolsero allo stadio “San Paolo”, oggi stadio “Maradona”.

La domanda adesso è una sola: ci sarà un futuro?

Nino Ruggiero - paganesegraffiti.it