Una sconfitta così netta, schiacciante, disarmante, la Paganese di quest’anno fino ad oggi non l’aveva mai subita. E’ vero che quando perdi – ai fini della classifica - o ne pigli tre o ne pigli uno solo è la stessa cosa. Ma in questi casi è l’aspetto psicologico che bisogna considerare. Vuoi mettere una sconfitta all’ultimo minuto dopo aver resistito agli attacchi di una delle tante squadre corazzate che caratterizzano questo campionato di C1 che è sempre più una B2; e vuoi mettere una sconfitta senza attenuanti per zero a tre nei confronti di una squadra che, almeno sulla carta, doveva costituire una concorrente diretta nella lotta per non retrocedere? Con una classifica che diventa sempre più impietosa, la Paganese deve guardare con una certa comprensibile preoccupazione al suo futuro. A questo punto del torneo, con dodici gare da disputare, con i risultati altalenanti che caratterizzano il suo recente cammino, solo un miracolo potrebbe consentire alla squadra di evitare la tagliola dei play-out. La svolta da tanti auspicata, purtroppo, non c’è stata. Il calzino è stato rivoltato, la tattica è cambiata, la squadra si è schierata con un atteggiamento più spregiudicato, ma i risultati non sono cambiati; o – se possibile – sono cambiati in peggio. Fedele al principio che le partite vanno commentate solo quando si vedono, mi astengo da ogni considerazione di ordine tecnico sulla gara disputata al “Breda” di Sesto San Giovanni. Ma è chiaro che il discorso tattico da molti sostenuto e che incoraggiava il tecnico a schierare una squadra a trazione anteriore – alla luce del solo e semplice risultato numerico - regge poco. La salvezza – se salvezza sarà – dovrà essere conquistata tra le mura del “Marcello Torre” e dovrà avere le sembianze di una grande vittoria, quella del cuore, della volontà, della determinazione; tutte doti che tracimavano nelle gare che avevano caratterizzato la parte finale del girone di andata. Ricordate: Foligno, Legnano, Cavese. Dove è finita quella Paganese? Dove è finita la squadra che aveva fatto gridare al miracolo e che in appena cinque-sei gare aveva scavalcato in classifica non solo il Verona, ma addirittura la Ternana ed il Lecco? E’ chiaro che i traguardi non si conquistano con le chiacchiere e di chiacchiere – purtroppo - a Pagani ne sono state fatte fin troppe. Si sperava in un rafforzamento della squadra nella campagna di gennaio. Qualche puntello è stato messo nei ruoli che sembravano maggiormente bisognevoli di rinforzi. Si predicava qualità nella zona centrale del campo, ma gli interventi non sono sembrati risolutivi. Questo nonostante l’arrivo di Fusco, elemento dotato tecnicamente ed in possesso di una buona visione di gioco, e di Marino che fino a questo momento non ha espresso in pieno le sue qualità. Quello che però la squadra non deve perdere per strada è la sua identità di compagine adusa alle battaglie agonistiche. La qualità – se pure dovesse esserci, anche se al momento si vede poco o niente – non deve disperdere il patrimonio di equilibrio tattico tanto faticosamente raggiunto; un patrimonio fatto di grinta, di coraggio, di sagacia tattica, di fame di vittoria. Le identità non possono e non devono essere perdute. Se la squadra, con l’aiuto determinante della società, tornerà ad essere quella dello scorso autunno inoltrato, il traguardo della salvezza potrà essere raggiunto. Ma niente stravolgimenti, per carità, solo unità di intenti come in quei periodi critici che vanno superati senza scoraggiarsi. La nottata deve pur passare….
Nino Ruggiero - Cronache del Mezzogiorno