27.2.09
Camplone e Capuano, è anche il loro derby.
Eziolino: «Io ho fatto più gavetta di lui». L’altro: «È un personaggio folkloristico».
FILIPPO ZENNA Vicini, ma irraggiungibili: perché così diversi, quasi antitetici nel modo di vedere e vivere il calcio. Divisi da una linea d'asfalto di pochi chilometri, ma così uniti in un abbraccio simbolico che testimonia stima e rispetto reciproci: si studiano, si valutano, si scambiano complimenti sinceri ed un po' si temono Andrea Camplone ed Ezio Capuano alla vigilia del grande derby tra Cavese e Paganese (vietata ai tifosi ospiti) , a poche "metri" da quel bivio che potrebbe decidere un'intera stagione (tanto per gli aquilotti, che intendono allungare sul Foggia e consolidare la propria posizione all'interno della griglia play-off, quanto per gli azzurrostellati, che vogliono tirarsi fuori dai guai della bassa classifica). L'uno - Camplone - "invidia" all'altro esperienza, carisma e capacità motivazionali; l'altro - Capuano - riconosce al "rivale" brillantezza di gioco ed idee all'avanguardia: messi insieme creerebbero l'allenatore perfetto, capace di combinare calcio champagne e sagacia tattica. Ma verrebbe probabilmente fuori anche una persona con gravi disturbi di personalità perché Camplone e Capuano sono troppo diversi per esser conciliati. Il primo è riservato, schivo, un po' permaloso, spesso troppo serioso, il secondo è l'istrione per antonomasia: vulcanico, esplosivo, eccessivamente istintivo, imprevedibile e naif. Basta riavvolgere il nastro delle dichiarazioni per comprenderne la diversità: Camplone parlava ancora di salvezza alla vigilia del derby di Caserta contro il Real Marcianise (soltanto adesso che c'è quasi la certezza matematica s'è leggermente sbilanciato), Capuano adulava se stesso ed il proprio eserciti di condottieri per le imprese - definite titaniche - compiute contro Juve Stabia, Benevento ed andando a ritroso contro Perugia, Foggia e Taranto. Anche il modo di vivere la panchina è totalmente diverso: l'allenatore della Cavese raramente oltrepassa la linea che delimita l'area tecnica, osserva gran parte della gara con le braccia conserte, mantiene una calma così "british" da fare invidia; ha probabilmente appreso in tal senso dal "maestro" Galeone, che lo allenava ai tempi del grande Pescara. Capuano, invece, suda più dei giocatori in campo, quasi "sputa" l'anima perché i suoi consigli non restino inascoltati, è tra i tecnici più espulsi d'Italia per l'intensità con cui vive le partite e la goliardia con cui festeggia vittorie storiche (consigliabile un giro su youtube per le immagini memorabili del dopo Juve Stabia-Avellino: stagione 2006/07). Vivono praticamente agli antipodi Camplone e Capuano eppure si stimano tantissimo: vale probabilmente la legge degli opposti che si attraggono. Alla vigilia del grande derby gli elogi quasi si sprecano: «Grandissimo allenatore e persona squisita - Capuano parla di Camplone - Fa giocare un gran calcio alle squadre che allena e sta dimostrando di avere anche ottime capacità gestionali in un contesto difficile come Cava de' Tirreni dove un giovane emergente corre anche il rischio di bruciarsi. Ha la fortuna di guidare un organico molto forte, ma anche tanta bravura: non era facile inserirsi tra le grandi con una concorrenza così accanita e numerosa. Ha fatto anche una discreta gavetta prima di arrivare in alto: non come me che sono partito dai campi polverosi della Promozione, ma le ossa se le è comunque fatte prima di compiere il grande salto». Risponde per le rime Andrea Camplone: «Capuano ha tantissima esperienza, è abituato alle piazze calde, prepara scrupolosamente le partite ed ha soprattutto una capacità eccezionale di tirar fuori il massimo dai calciatori: è uno dei più grandi motivatori in circolazione. È un po' folcloristico negli atteggiamenti, ma quest'aspetto fa parte del personaggio Capuano».
Il Mattino