
Enrico, come mai hai scelto il Figline?
"Innanzitutto penso di essere l’unico giocatore della Lega Pro ad aver giocato anche in Nazionale (ride, ndr). Ho scelto Figline perché dopo 5 anni a Siena le cose sono cambiate. Ero molto legato al presidente De Luca e quando cambiano i vertici societari cambia tutto, cambiano le persone, cambiano le vedute, cambiano i rapporti. Diverse società mi hanno contattato, ma alla fine ho scelto Figline perché mi ha permesso di stare vicino a Siena e perché mi ha offerto un contratto di due anni, con la possibilità di un futuro in società. Quando si arriva a 39 anni bisogna guardare oltre, guardare al futuro: il Figline me lo ha permesso. Qui c’è un ambiente positivo che mi ha consentito di togliermi molte soddisfazioni e sono convinto che me ne toglierò ancora".
Colgo l’occasione del tuo riferimento al futuro per anticipare una domanda: il dopo carriera. Mi sembra di capire che vuoi restare nell’ambiente?
"Sì, esatto: "da grande" vorrei fare l’allenatore e vorrei iniziare proprio qui a Figline, se la società me ne darà la possibilità. Ho già sostenuto il corso di allenatore di base – l’unico che è concesso ai calciatori ancora in attività -; e quando appenderò le scarpette al chiodo continuerò con i corsi per le abilitazioni alle varie categorie superiori. Comunque adesso non ho intenzione guardare al futuro, voglio solo concentrarmi sul presente e cioè far bene con la mia squadra".
Nel ‘92 sei passato dalla Serie C alla Serie A, lo scorso anno hai fatto il contrario: quale salto di categoria è stato più difficile? Per un giovane talento approdare in A oppure per un grandissimo giocatore affermato scendere di categoria?
"Direi passare dalla C alla A; allora andavo a giocare con grandi giocatori e non era facile fare quel salto di categoria. Non dico certo che fare l’inverso sia stato semplice: ci si deve adattare ad un modo di giocare diverso. Cambiano i ritmi, le entrate, i falli, tante cose. E poi, rispetto a 20 anni fa i giovani sono molto cambiati, hanno molta meno fame. Adesso troppi giovani si buttano giù alla prima panchina, c’è chi cambia addirittura tre squadre in un anno. Manca lo spirito di sacrificio che c’era un tempo, ma purtroppo mancano anche le società che vogliono davvero puntare sui giovani".
Hai avuto una lunghissima carriera, un episodio che ti ricordi in modo particolare?
"Di episodi che mi ricordo bene ce ne sono tanti, su tutti ne direi però uno negativo: l’infortunio, che però ora vedo in modo razionale, come l’esperienza di ricominciare dopo uno stop obbligato. Per quanto riguarda quelli positivi, senz’altro l’esperienza in Nazionale e la vittoria della Coppa Uefa a Mosca".
Sei stato – anzi sei ancora – un grandissimo giocatore, chi vedi nel calcio odierno come tuo erede?
"Di buoni giocatori ce ne sono molti. Su tutti direi Pato e Paloschi, che sono due giovani molto promettenti e con quelle caratteristiche che mi hanno contraddistinto. Soprattutto Paloschi, che adesso è a Parma, squadra in cui ho giocato anch’io fra l’altro. Lo caratterizzano la rapidità, il senso del gol, la capacità di usare indistintamente sia il destro che il sinistro, proprio quelle doti che ho sempre avuto anch’io. Comunque sono ragazzi che devono avere pazienza, che nella loro carriera avranno alti e bassi ma non dovranno mai buttarsi giù".
Chi vedi come candidata alla promozione per il vostro girone?
"Direi la Cremonese. Penso sia la squadra più forte per quello che ha dimostrato. È una squadra quadrata. C’è anche il Novara, che ha vinto con noi due settimane fa, ma se la partita fosse finita in maniera diversa non ci sarebbe stato nulla da dire".
Gli obiettivi del Figline quali sono?
"La salvezza innanzitutto. Mantenere la categoria è l’obiettivo principale: siamo passati dall’Interregionale alla C2 e lo scorso anno ci potevamo giocare i play-off. Lo abbiamo fatto e adesso siamo in Prima Divisione. Dobbiamo mantenere i piedi per terra, poi tutto quello che verrà sarà solo positivo. Bisogna fare un campionato tranquillo, puntare sui giovani, sulla Berretti, che sono la benzina per il futuro. Un altro obiettivo è senz’altro tornare a giocare nel nostro stadio, perché quei 7 o 8 punti in più che si ottengono a casa nostra alla fine pesano molto sulla classifica finale".
Infine una domanda extra Lega Pro: quali sono i cinque attaccanti che porteresti ai Mondiali?
"Lippi ne ha a disposizione a mio avviso più di cinque. Di ottimi giocatori ce ne sono molti, come Gilardino, Di Natale, Toni, Quagliarella. (Manca dunque Cassano, ndr) la scelta poi deve essere fatta in base al periodo, alla condizione e alle necessità della squadra. Non sarà facile scegliere, ma sono convinto che, come sempre, una sorpresa ci sarà. Nel ’96 la sorpresa fui proprio io…"
Matteo Fraschini - tuttolegapro.com