I pronostici sono tali perché possono
essere smentiti; altrimenti si chiamerebbero certezze. Ci avevano dato
per spacciati. Addirittura sul lato distinti dello stadio lametino
campeggiava un presuntuoso e lungo striscione: ”VINCEREMO NOI…” c’era
scritto. Nel calcio non ci sono certezze; soprattutto in un calcio vero,
come nel caso nostro, vissuto al limite della battaglia agonistica,
stavolta indiscutibilmente incontaminato al di là di ogni ragionevole
dubbio.
Vince la Paganese anche se qualcuno o più
d’uno, soprattutto di sponda calabrese, davanti a un risultato non
rispondente all’enorme mole di gioco sciorinata, storcerà il muso e
tirerà in ballo la iella più nera. Purtroppo, o per fortuna, a seconda
dei punti di vista, non bastano una costante pressione offensiva e
territoriale per vincere le partite; il calcio è gioco complesso, perciò
è bello, perciò è intrigante, perciò affascina le platee. Entrano in
gioco ogni volta l’intelligenza del singolo, l’acume tattico
complessivo, la predisposizione al sacrificio e alla lotta agonistica;
infine, perché no? come nella vita, anche fortuna e sfortuna.
Vince la squadra di Grassadonia,
applicando pedissequamente la teoria degli spazi in campo che non è
certo stata inventata adesso.
Uno dei primi elementi che ho assimilato
negli anni Sessanta quando ho cominciato a scrivere di calcio è stato
appunto la teoria degli spazi in campo che – non essendo allenatore –
non so se sia mai stata oggetto di studi al corso di Coverciano.
La teoria degli spazi e del “prima non
prenderle”, fu elaborata da due grandi giornalisti sportivi del passato,
il lombardo Gianni Brera e il napoletano Guido Prestisimone. Essa si
basava su due concetti molto semplici: uno, cercare di restringere gli
spazi nella fase difensiva ai calciatori avversari in possesso di palla,
in virtù di marcature asfissianti, con raddoppi frenetici che li
avrebbero irretiti e non li avrebbero fatto ragionare; due, ricerca
degli spazi in velocità, una volta in possesso di palla, per mettere in
crisi l’apparato difensivo degli avversari quasi sempre sbilanciati
perché impegnati soprattutto a offendere.
Oggi questa fase viene chiamata
ripartenza, una volta era contropiede ed era sinonimo di gioco di
rimessa. Al gioco di rimessa si affidavano soprattutto le squadre che
sulla carta si sentivano più deboli. Dovevano pur difendersi in un modo
dalla preponderante forza offensiva degli avversari di turno, dotati di
elementi di grande personalità calcistica; e lo facevano in modo
intelligente, cercando di mettere in difficoltà gli uomini più
rappresentativi con marcature asfissianti e con raddoppi che rasentavano
la cattiveria. Memorabili per questo i successi ottenuti in serie A dal
Padova di Nereo Rocco, altro monumento sacro del calcio italiano.
Che voglio dire? Solo che la Paganese,
alla luce della vittoria ottenuta in casa sette giorni prima, doveva
contenere le più che prevedibili sfuriate della Vigor Lamezia e lo
doveva fare rinforzando gli ormeggi della difesa, così come si fa quando
si deve proteggere una barca che deve affrontare il mare in tempesta.
Il fine giustifica i mezzi, si sa; niente calcio spettacolo, gli esteti
possono pure aspettare, e gara impostata prevalentemente sulla difensiva
a salvaguardia di un risultato. Ecco spiegato come è arrivato, al di là
delle pur comprensibili amarezze calabresi, il risultato che si sperava
di ottenere alla vigilia, addirittura superiore ad ogni più rosea
aspettativa.
Non so se Grassadonia, da tecnico
intelligente e preparato, in difficoltà per non poter contare su qualche
elemento di spessore, si sia ispirato alla teoria che ho citato; quello
che è certo, però, volente o nolente, ha pensato bene di restringere le
maglie difensive inserendo contemporaneamente in formazione difensori
puri come Pepe e Sicignano in aggiunta ai collaudati Balzano, Fusco e
Agresta, e con Nigro e De Martino ben attestati sulla difensiva.
I risultati si sono visti, anche se –
come sempre e come nella vita di tutti i giorni – bisogna fare i conti
con fortuna e sfortuna, che fanno parte del gioco. Così come fa parte
del gioco aver ritrovato per strada il portiere Robertiello, autore di
grossi interventi e soprattutto di una parata che ha del miracoloso sul
rigore angolatissimo di Gattari. Bravo davvero questo Robertiello
utilizzato a sprazzi nel corso del campionato ma che proprio a Lamezia
ha avuto la definitiva consacrazione di portiere affidabilissimo e di
sicuro avvenire.
Il pomeriggio di domenica è stato
esaltante. Tutti quelli che non hanno seguito la squadra a Lamezia,
orfani anche della risicata ma mai troppo lodata informativa
dell’ufficio stampa, si sono organizzati alla bell’e meglio per seguire
le sorti della partita. Mi sono tornati alla mente i pioneristici
collegamenti degli anni Settanta quando con “baracchini” della banda
cittadina, con gli indimenticati Salvatore Scarano e Ninì Cesarano in
prima fila, addirittura chiedevamo compiacente ospitalità ai proprietari
dei balconi adiacenti i vecchi terreni polverosi del tempo per fornire
notizie sull’andamento della gara a tutti coloro che hanno sempre
trepidato per i colori azzurro stellati. In un modo o in un altro le
notizie arrivavano a Pagani; ma che tempi, ragazzi!
Adesso che abbiamo passato ampiamente il
duemila siamo ai verbi difettivi nel campo della comunicazione. Pareva
tutto semplicissimo: l’era digitale, telefoni portatili in tutte le
tasche, radio e televisioni private quante ne vuoi. Insomma ci sarebbero
stati tutti gli ingredienti a portata di mano per essere presenti sulla
notizia ed invece, con la tecnologia che ha fatto passi da gigante,
forse anche a causa di una Lega che raschia soldi un po’ dappertutto e
in ogni occasione, siamo quasi al tempo dei “tam tam” o, se preferite,
del “passaparola”.
Ci sarebbe tanto ancora da aggiungere sull’argomento ma per il momento abbiamo da pensare soprattutto alla Paganese.
Domenica scorsa ci siamo passati la
parola su Facebook, un mezzo di comunicazione che purtroppo non è per
tutti, grazie alla squisita disponibilità di Carlo Vitiello, presente a
Lamezia, e alla perfetta organizzazione tecnica di Gianluca Russo,
responsabile di Paganese.it.
La partita sembrava interminabile, non
finiva mai. Abbiamo gioito, abbiamo sperato, abbiamo sofferto. Abbiamo
vinto. Chi ha avuto, ha avuto, e chi ha dato ha dato; lasciamoci dietro
il passato.
Non è finita, teniamocelo bene in mente.
Giocheremo in casa domenica prossima con il Chieti e poi, la settimana
dopo, giocheremo in terra d’Abruzzo. Chi – con il superamento del turno –
dovesse pensare di aver superato l’ostacolo più importante è fuori
strada. Dovremo essere concentrati e cattivi, agonisticamente parlando,
come e più domenica scorsa. Mancheranno pedine importanti a centrocampo e
Grassadonia dovrà inventarsi un reparto dal niente.
Niente però è impossibile.
Avanti, per la miseria!