Il pomeriggio che nessun tifoso rossonero avrebbe mai voluto vivere. A distanza di cinquanta anni dall'ultima affermazione, la Paganese trionfa sulla Nocerina con un ineccepibile 4-1, in uno dei derby più sentiti della storia del pallone. Mister Grassadonia vince alla grande la partita su mister Auteri,
presentando una squadra che imperversa sulle corsie laterali, si chiude
bene in difesa - rintuzzando implacabilmente le tenui velleità dei
dirimpettai - e che riparte in smagliante velocità. La Nocerina
traccheggia in fase di impostazione, molleggiando tra la propria
assenza di mordente e i continui errori generali; gli azzurrostellati appaiono
un portento, giocano in stato di grazia sul velluto, si chiudono,
ragionano e ripartono in un moto perpetuo che martella e schianta i
cugini. Una passeggiata trionfale per la Paganese che, semplicemente, ha
nettamente dimostrato di voler vincere il derby.
Per la Nocerina una disfatta tanto grave quanto indicibile. Un'onta che
deborda e riecheggia dal deserto di Chieti e rimarca recenti malumori,
dolenzíe mai interamente sopite. Difesa costantemente in imbarazzo;
centrocampo perennemente annullato e sovrastato da Scarpa
e compagni; attacco che raccoglie le briciole di un gioco
sistematicamente reso innocuo dalla Paganese. Basta questo e nulla più a
compendiare laconicamente il naufragio della compagine di patron Citarella.
Una lezione severissima ed esemplare per la truppa di mister Auteri. Le porte chiuse dello stadio Angelini di Chieti,
al triplice fischio, dischiudono mortificazione e seminano
incertezze. Una partita che resterà una macchia indelebile nella storia rossonera. Perfetta la gara della Paganese: Girardi, Calvarese
e la doppietta di Scarpa firmano ed incorniciano un predominio
concreto, un successo di cui
complimentarsi.
Per la Nocerina un appuntamento da forche caudine: il penalty sbagliato da Merino e lo squillo di Negro
lasciano comunque la squadra in balìa degli avversari e dei propri
affannosi dolori. Stavolta non c'è stata rimonta, dopo essere stati
colpiti non c'è stato alcun rientro, bensì un repentino affondare.
Non resta che ridestarsi da cotanta tregenda, meditare, assumersi le
dovute responsabilità, prendere i necessari provvedimenti e raccogliere
le forze per dare un senso a questo campionato, fin qui un indolente
barcamenarsi tra luci ed ombre per Bruno e compagni,
sempre più in mezzo al guado di una classifica corta di un torneo
serrato. Occorre guardarsi negli occhi con umiltà per ripartire. Per
prendere l'unica vera consapevolezza delle proprie potenzialità e
diventare grandi davvero.
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