29.4.13

Dubbi, tanti. Certezze, poche.

Così è (anche se non vi pare) di Nino Ruggiero.

Dubbi, tanti. Certezze, poche. Si consuma lentamente il calvario calcistico di una squadra che poteva dare tanto, ma che alla fine ha dato poco; di sicuro meno di quanto si aspettassero dirigenti e tifosi. Contro il Frosinone, nella gara dei rimpianti e delle false attese, vince però la buona fratellanza; quella consolidata da tempo fra le tifoserie di Frosinone e di Pagani. Ed è già molto di questi tempi.
La gara dice e non dice, come da abitudine inveterata in questo campionato che si avvia stancamente alla fine. Dice, ad esempio, che l’equilibrio tattico non è una parola astratta e non è un valore che si compra sulle bancarelle. Tanti anni fa Gennaro Rambone, all’epoca allenatore del Catania in serie B, quando la squadra non rendeva come nelle aspettative ritenne di giustificarsi con il presidente Massimino. “Mi dovete dare tempo – disse – c’è bisogno ancora di amalgama: ecco perché la squadra non rende”. E Massimino, al cui nome oggi è legato lo stadio etneo, di rimando: “Rambone – rispose – non mi piace questa giustificazione. Abbiamo comprato tanti giocatori, vuol dire che faremo un altro sforzo e compreremo pure Amalgama”.


Aneddoto simpatico a parte, l’amalgama e l’equilibrio tattico rappresentano punti essenziali di una squadra di calcio.  E, purtroppo, nella Paganese di quest’anno di equilibrio ce n’è stato poco. Solo qualche accenno nelle ultime giornate quando è stato finalmente schierato un centrocampo a tre, con Romondini vertice basso pensante, con Franco e Soligo ai fianchi, quest’ultimo assente ieri per squalifica. Sarà anche un caso, ma i risultati migliori sono stati ottenuti quando la squadra è apparsa più quadrata, nel senso etimologico della parola. Nel calcio senza equilibrio, senza amalgama non si va da nessuna parte, in termini di coesione dei vari reparti. Le individualità contano, certo, ma non sono tutto; questo perché il calcio resta un gioco di squadra e le individualità – quando sono eccelse – devono essere spese nell’interesse complessivo della squadra. Quando c’è equilibrio tattico, quando la difesa è ben protetta da un efficace filtro a centrocampo, quando i calciatori si sacrificano – avendone le caratteristiche – per dare consistenza all’assieme della squadra; quando i calciatori riescono ad interpretare in modo soddisfacente sia la fase di non possesso, sia quella di ripartenza, allora si può parlare di squadra equilibrata o ben amalgamata. Ma c’è bisogno di avere i requisiti giusti. Un calciatore può decidere di sacrificarsi al massimo ma deve avere le giuste caratteristiche, altrimenti si snatura; e non rende. L’esempio calzante è rappresentato dalla metamorfosi di Ciarcià, che è un altro calciatore – rispetto a quello visto nella parte iniziale del campionato - per brillantezza, per dedizione, per applicazione. Oggi Ciarcià è un calciatore universale; lo trovi dappertutto, in difesa, a centrocampo, in attacco. E le sue prestazioni al servizio esclusivo della squadra non sono mai banali, tanto da segnalarsi sempre fra i migliori in campo. 


La Paganese delle ultime giornate, specie quella di Andria, aveva dato fiato alle trombe di vecchie e malcelate aspirazioni di alta classifica; si era ben difesa, aveva annullato le potenzialità degli avversari in virtù di un filtro efficacissimo a metà campo ed aveva dimostrato di saper ben ripartire per fare male con rapide azioni di contrattacco. La vittoria in trasferta aveva riaperto in qualcuno la strada della speranza. Pie illusioni. Il Frosinone ha riportato tutti con i piedi per terra.
Contro i ciociari c’è stato un certo equilibrio tattico, ma solo per un tempo, il primo. Con Franco e Lulli ai fianchi, Romondini ha saputo giostrare da par suo illuminando il gioco con sapienti tocchi non disdegnando peraltro di controllare Carrus, altra fonte di gioco, ma di parte avversa. Occasioni da rete su entrambi i fronti; gara aperta ma Paganese molto reattiva a centrocampo dove spesso si decidono le sorti delle partite.
Poi nella ripresa, Grassadonia ha ritenuto di tirare fuori Lulli e di dare spazio a Scarpa che ha altre caratteristiche e che, con tutta la buona volontà, non ha il passo del centrocampista di ruolo. Sarà un caso, ma proprio dopo l’uscita del giovane centrocampista, il Frosinone, cui non stava bene il risultato di parità, ha calato sul tavolo tutte le sue carte per arrivare alla vittoria, riuscendo per prima cosa a prendere il comando delle operazioni a centrocampo. E’ arrivato così il bel gol di Ganci, terminato prima sul palo interno e poi in rete, ma Marruocco ha continuamente dovuto fare sfoggio di tutta la sua bravura e della sua forte personalità per sventare minacce per la sua porta.
Perso per perso, allora Grassadonia – a cinque minuti dalla fine - ha tirato fuori la mossa della disperazione; dentro Babù e fuori Agresta.
Babù, vero oggetto misterioso del campionato, impiegato sulla fascia destra del campo, è stato dirompente nei pochi minuti in cui è stato in campo e ha messo lo zampino per arrivare al pareggio. Fava, subentrato a Caturano, non ha perdonato, mettendo a segno, come ai vecchi tempi, il gol del pareggio.
Dubbi, tanti. Certezze, poche; dicevo all’inizio. Sulle poche certezze bisognerebbe cominciare a costruire la squadra del domani, anche se bisogna sempre fare i conti con i giovani che un anno sono under e l’anno dopo non lo sono più, oltre che con le relative società di appartenenza. Ma certezze come Marruocco, Fernandez, Fusco, Ciarcià e Romandini vanno tenute in debito conto.
Beninteso a salvezza matematica ottenuta.