Così è (anche se non vi pare) di Nino Ruggiero.
Il giorno della festa è rispettato ed onorato come nelle migliori
tradizioni. Anche il tempo è clemente. Bello di mattina, temperatura
mite con poco vento; la processione della Madonna delle galline è salva.
La tradizione può procedere. Avanti, dopo le nove del mattino, verso la
parte nobile ed antica della città fra suoni di tammorre, di nacchere,
fra un mare di gente che non vuole mancare ad un appuntamento che da
tempo immemore assume i connotati di un vero e proprio rito del dopo
Pasqua.
“Presente” – risponde il cuore autenticamente popolare della città.
Mattinata di grandi emozioni nella zona antica, in quella che
nell’immediato dopoguerra è stata contraddistinta come “viale Trieste”,
ma che nel cuore dei tanti cultori di una terra che ricorda a menadito
le antiche tradizioni popolari è solo e semplicemente “Cas Campitiello”,
come recita una targa che è proprio all’incrocio tra la zona vecchia e
quella nuova di un quartiere cresciuto a dismisura.
Chi ama la propria terra non può dimenticare quello che ha rappresentato
questo lembo di territorio per la particolare festa che
contraddistingue Pagani. Non può dimenticare l’opera di un grande
artista come Franco Tiano, scomparso prematuramente e al cui nome è
legato il primo, autentico “tosello” che ha fatto riscoprire il gusto
della festa e dell’amore dei paganesi per la Madonna. Quanti personaggi
autentici, prodotti della cultura popolare, non ci sono più; oltre a
Franco Tiano mi viene alla mente la figura di Giacchino Moscariello. Me
li ha fatti rivedere in fotografia, amorevolmente esposti in una
artigianale bacheca, uno degli ultimi vecchi cantori della Pagani di una
volta: Peppe ‘e Susanna, struggente personaggio che rappresenta l’anima
autenticamente popolare di una tradizione che si rinnova ma che non è
più la stessa.
Festa e partita di calcio, quasi un classico. Poca gente sugli spalti,
sempre meno. La festa, è vero. Ma la festa c’era anche tanti anni fa e
lo stadio era pieno. Disamore, crisi, nuove generazioni: o cos’altro?
Tre punti, solo tre punti; tutto il resto è noia, come avrebbe detto e
cantato Franco Califano, cantore indimenticato della nostra terra, alla
cui memoria è dedicato un doveroso minuto di raccoglimento prima
dell’inizio della gara.
Tre punti e pochi spunti tecnici per una gara quasi piatta, dalle poche emozioni.
Inizio promettente. Sette minuti e la Paganese è già in vantaggio.
Caturano si catapulta come una faina su un pallone smistatogli sulla
sinistra da Soligo; il tempo di dire “amen” ed è già uno a zero con un
fendente rasoterra ad incrociare che il portiere Liverani vede solo
quando il pallone termine in fondo al sacco. Saltano subito i piani
della vigilia predisposti dal Barletta, attestato sulla stretta
difensiva fin dal fischio iniziale dell’arbitro. La Paganese appare
propositiva e gagliarda. E’ una squadra più armonica del solito,
soprattutto più equilibrata tatticamente. C’è equidistanza fra i
reparti. Romondini – forte di una presenza amica più sostanziosa nella
zona centrale del campo – assume il comando delle operazioni e li dirige
con grande maestria come nei momenti migliori della sua carriera. C’è
sostanza oltre che qualità nel gioco di centrocampo della Paganese.
Franco e Soligo, con la preziosa collaborazione di uno straordinario e
mai domo Ciarcià, danno nerbo al reparto che nel passato è andato sempre
a corrente alternata. Franco si sistema alla sinistra di Romondini e,
in accordo con il sempre più sorprendente Nunzella, copre tutta la
fascia di competenza, dando sostanza al centrocampo.
Ciarcià, un occhio alla fase difensiva, un altro alla costruzione del
gioco, prende posizione sulla destra scambiandosi spesso il ruolo con
Soligo che si spinge anche in avanti. Con un centrocampo così guarnito,
Romondini può permettersi finalmente quelle giocate di fino che alzano
notevolmente il tasso tecnico della squadra. Gioca a testa in su il
regista paganese e della sua genialità si avvantaggia tutta la squadra.
Potrebbe e dovrebbe andare ancora a rete la Paganese nella prima
frazione di gioco ma non è fortunata. Così il secondo gol – che potrebbe
chiudere la partita – non arriva: un paio di conclusioni a botta sicura
di Girardi terminano di un soffio a lato e si va a riposo con uno
scarto risicato.
Nella ripresa la musica non cambia. Il Barletta però non può giocare più
sulla difensiva. La squadra pugliese prende coraggio con l’inserimento
di Simocelli che dimostra di essere attaccante da prendere con le pinze,
tanto è sgusciante e pericoloso in avanti. Ma la partita ha pochi
sussulti; troppo evanescente in avanti il Barletta al cospetto di una
difesa paganese sempre più impenetrabile che può contare su uomini di
sicuro affidamento e di grande esperienza.
Finisce con la vittoria e tanto basta. I tre punti servono e come; per
altre cose c’è tempo, se ne riparlerà. Già, se ne potrebbe riparlare…
soprattutto quando la squadra avrà raggiunto quella quota salvezza che
al momento è ancora lontana. Ma non la pensa così Grassadonia che nel
dopo partita non perde l’occasione per mandare velenose stilettate
all’ambiente. Credo che certe affermazioni il tecnico avrebbe potuto
tranquillamente risparmiarsele. Ognuno nella vita ha il suo ruolo; ma
spesso il ruolo viene travalicato, voglio pensare solo per inesperienza.
Non è la prima volta che a fine gara, invece di commentare l’andamento
della partita e l’aspetto tecnico-tattico che di solito deve essere
analizzato, Grassadonia tira in ballo il pubblico; stavolta quello della
tribuna.
Con tutto il rispetto e la comprensione per lo stress che accompagna un
uomo di calcio per i novanta e più minuti, bisogna dire che il tecnico
sta alzando sempre di più il tiro. Posso anche comprendere la sua
amarezza per qualche commento ad alta voce non molto gradito, ma chi fa
questo mestiere deve essere vaccinato per tali inconvenienti.
Non voglio aggiungere altro. Ma Raffaele Trapani, da navigato uomo di
calcio, farebbe bene a dire qualche parolina nell’orecchio al suo
giovane tecnico.
Dobbiamo adesso pensare solo a raggiungere al più presto il traguardo
della salvezza, che è quello che più ci interessa. Per altre cose c’è
tempo. C’è tempo per analizzare le parole dette ed anche per quelle non
dette.
Per il bene supremo della Paganese.
Nino Ruggiero