30.9.13

Le recite a soggetto.

di Nino Ruggiero

La voglia di scrivere è poca, per non dire nulla. Dopo una gara come quella di ieri viene quasi la voglia di appendere la penna, pardon il computer, al classico chiodo. Ma che vi devo dire, cosa vi devo raccontare, cos’altro devo aggiungere a quanto già detto nelle cosiddette “puntate precedenti”? Passo, non passo; smetto, non smetto; non lo so, devo solo riflettere. Al momento, mantengo l’impegno morale preso con alcuni buoni amici che hanno la bontà di leggere le mie note; ma sono avvilito dopo aver assistito a una delle gare più brutte e insulse di tutta la storia della Paganese.
Ne ho visto di squadre da quando avevo i calzoni corti e andavo a sbirciare al vecchio “Del Forno” la Paganese di Punzi e di Valese, passando per quella di Gratton, di De Caprio, di Nicola D’Alessio, per finire a quella di Leonardi e Gennarino Rambone. Una vita di calcio, fatta di passione, di slanci umorali, di vittorie, di pareggi, di sconfitte; anche di sofferenze, perché no?
Nel calcio, si sa, si vince e si perde, non sono sempre rose e fiori, non sempre le ciambelle riescono con il buco. Ma il calcio, come del resto la vita, è bello perché suscita emozioni: ti tiene in bilico, non sai mai come va a finire una partita, a prescindere dai valori in campo, o da presunte superiorità tecniche. Se non ci fosse l’alea, una partita di calcio non avrebbe storia: vincerebbe sempre la più forte, e non è così.
Ma non è questo il punto. È che una Paganese come quella vista ieri al “Marcello Torre”, soprattutto nel primo tempo, suscita tanta tristezza e forse rabbia. Non è tanto una questione di gioventù e di inesperienza. Tanto di cappello a una specie di laboratorio giovanile; nella vita si dice sempre “largo ai giovani”, non a torto. Ma i giovani che praticano sport dovrebbero presentarsi con le loro peculiarità: dovrebbero razzolare il campo, su e giù senza pietà, dovrebbero mettere in difficoltà, con ritmo e passione, i più titolati e compassati avversari. Dovrebbero, quantomeno, suscitare simpatie, se non punti.
Ne ho viste di squadre composte da giovani promettenti, passati poi a dare il loro apporto in squadre di serie B e anche di serie A. Fra tutte il Policoro, fine anni Sessanta. Era una squadra composta da tutti giovanissimi alle prime armi e disputava il campionato di serie D. Giocava e prendeva applausi su tutti i campi per quel suo modo sbarazzino di affrontare le partite e metteva in difficoltà tutte le squadre che incontrava. Però perdeva quasi sempre perché i giovani difettano di esperienza e non hanno raziocinio. Si classificò all’ultimo posto il Policoro quell’anno e retrocesse. Vinse pochissime partite; storica fu la vittoria contro la Nocerina per due a zero e di quella gara sono ancora piene le cronache per un famoso “ci rifaremo a Policoro” pronunciato improvvidamente dall’allenatore rossonero Elia Greco alla vigilia della gara. Dei componenti di quella squadra ricordo che in tanti, successivamente, passarono con buoni risultati in squadre di serie C e serie B; fra questi il portiere Birtolo, ingaggiato dal Taranto, e il centravanti Montenegro che fece le fortune del Crotone prima in C e poi in B. Ma il pezzo forte era rappresentato da Andrea Esposito, un ragazzo che fu prelevato dal Napoli e che al debutto in serie A segnò la bellezza di due reti nel derby con la Roma. Poi la fortuna non gli fu amica e per un problema al menisco rimase a lungo fermo, perché a quell’epoca la chirurgia tradizionale per il completo recupero richiedeva tempi lunghi.
Ma torniamo a noi. Parlavo, riferendomi al Policoro, di giovani vogliosi di emergere, con l’argento vivo addosso e che suscitavano simpatia per quel modo sbarazzino e forse incosciente di affrontare una gara di calcio. Nella gara con il Prato, ho visto un primo tempo che mi fa ancora rabbrividire; mai una proposta di gioco, mai un passaggio decente. Solo recite a soggetto, solo rilanci lunghi senza raziocinio, senza geometrie, atleti che non riuscivano a dialogare in fase di costruzione del gioco; che non riuscivano a fare due passaggi, che siano almeno due, di fila. Un primo tempo da squadra di oratorio.
Lamentavo scarsa consistenza e precisione del centrocampo nelle scorse partite interne. Con l’assenza dello squalificato Velardi, a centrocampo, contro il Prato, è stato peggio che andare di notte. Maurizi ha voluto inventarsi Deli giocatore di centrocampo e – a mio parere – ha commesso due errori: ha tolto vivacità al suo attacco e contemporaneamente consegnato un calciatore non abituato a determinati compiti a un centrocampo orfano di una guida sicura in fase di costruzione del gioco. Deli si è impegnato al massimo, anche troppo, prova ne sia che ha commesso due brutti falli di seguito che lo hanno costretto a lasciare il campo prima del tempo. Capisco anche che un allenatore deve provarle tutte, quando gli manca uno dei pochi calciatori esperti, come nel caso di Velardi, ma la mossa di Deli schierato a centrocampo, alla fine non è risultata felice.
Scusate, ma se non c’è un assetto di squadra, giovani o non giovani, se non c’è l’idea di un gioco, di un modello tattico da seguire, se non ci sono movimenti tattici fondamentali, se c’è solo confusione, anche con tanta buona volontà, come si possono ottenere risultati positivi? Brutta la partita con il Prato, con un primo tempo inguardabile, con una Paganese inesistente. Non esagero, e lo dico soprattutto per chi la partita non l’ha vista, a sostegno di quanto vado dicendo, c’è la prova inconfutabile che il portiere del Prato nel primo tempo non si nemmeno sporcato i guanti ed al massimo ha dovuto effettuare un paio di rilanci da fondo campo. Non sono esagerato, credetemi.
Qualcosa è cambiato nella seconda parte della gara. Pur ridotta in dieci uomini, la squadra azzurro stellata ha messo in campo tutta quella determinazione che aveva latitato nel primo tempo. Intendiamoci, niente di eccezionale; ma almeno si è vista la voglia di ribaltare il risultato, si sono visti in campo atleti più vivi, non rassegnati, che si sono dannati l’anima per arrivare almeno a un risultato di parità.
E come spesso accade in una partita di calcio, la Paganese avrebbe potuto anche agguantare il pareggio. Ma nelle uniche due azioni di un certo rilievo, prima il palo ha detto di no a un intelligente inserimento di Nascimento su errato disimpegno difensivo e poi, a tempo di recupero scaduto, ci hanno pensato Panariello e Iraci a sprecare l’unica limpida occasione da rete della giornata.
Questo è tutto.

Nino Ruggiero - paganesegraffiti.wordpress.com/