di Nino Ruggiero
La voglia di scrivere è poca, per non dire nulla. Dopo una gara come
quella di ieri viene quasi la voglia di appendere la penna, pardon il
computer, al classico chiodo. Ma che vi devo dire, cosa vi devo
raccontare, cos’altro devo aggiungere a quanto già detto nelle
cosiddette “puntate precedenti”? Passo, non passo; smetto, non smetto;
non lo so, devo solo riflettere. Al momento, mantengo l’impegno morale
preso con alcuni buoni amici che hanno la bontà di leggere le mie note;
ma sono avvilito dopo aver assistito a una delle gare più brutte e
insulse di tutta la storia della Paganese.
Ne ho visto di squadre da quando avevo i calzoni corti e andavo a
sbirciare al vecchio “Del Forno” la Paganese di Punzi e di Valese,
passando per quella di Gratton, di De Caprio, di Nicola D’Alessio, per
finire a quella di Leonardi e Gennarino Rambone. Una vita di calcio,
fatta di passione, di slanci umorali, di vittorie, di pareggi, di
sconfitte; anche di sofferenze, perché no?
Nel calcio, si sa, si vince e si perde, non sono sempre rose e fiori,
non sempre le ciambelle riescono con il buco. Ma il calcio, come del
resto la vita, è bello perché suscita emozioni: ti tiene in bilico, non
sai mai come va a finire una partita, a prescindere dai valori in campo,
o da presunte superiorità tecniche. Se non ci fosse l’alea, una partita
di calcio non avrebbe storia: vincerebbe sempre la più forte, e non è
così.
Ma non è questo il punto. È che una Paganese come quella vista ieri al
“Marcello Torre”, soprattutto nel primo tempo, suscita tanta tristezza e
forse rabbia. Non è tanto una questione di gioventù e di inesperienza.
Tanto di cappello a una specie di laboratorio giovanile; nella vita si
dice sempre “largo ai giovani”, non a torto. Ma i giovani che praticano
sport dovrebbero presentarsi con le loro peculiarità: dovrebbero
razzolare il campo, su e giù senza pietà, dovrebbero mettere in
difficoltà, con ritmo e passione, i più titolati e compassati avversari.
Dovrebbero, quantomeno, suscitare simpatie, se non punti.
Ne ho viste di squadre composte da giovani promettenti, passati poi a
dare il loro apporto in squadre di serie B e anche di serie A. Fra tutte
il Policoro, fine anni Sessanta. Era una squadra composta da tutti
giovanissimi alle prime armi e disputava il campionato di serie D.
Giocava e prendeva applausi su tutti i campi per quel suo modo
sbarazzino di affrontare le partite e metteva in difficoltà tutte le
squadre che incontrava. Però perdeva quasi sempre perché i giovani
difettano di esperienza e non hanno raziocinio. Si classificò all’ultimo
posto il Policoro quell’anno e retrocesse. Vinse pochissime partite;
storica fu la vittoria contro la Nocerina per due a zero e di quella
gara sono ancora piene le cronache per un famoso “ci rifaremo a
Policoro” pronunciato improvvidamente dall’allenatore rossonero Elia
Greco alla vigilia della gara. Dei componenti di quella squadra ricordo
che in tanti, successivamente, passarono con buoni risultati in squadre
di serie C e serie B; fra questi il portiere Birtolo, ingaggiato dal
Taranto, e il centravanti Montenegro che fece le fortune del Crotone
prima in C e poi in B. Ma il pezzo forte era rappresentato da Andrea
Esposito, un ragazzo che fu prelevato dal Napoli e che al debutto in
serie A segnò la bellezza di due reti nel derby con la Roma. Poi la
fortuna non gli fu amica e per un problema al menisco rimase a lungo
fermo, perché a quell’epoca la chirurgia tradizionale per il completo
recupero richiedeva tempi lunghi.
Ma torniamo a noi. Parlavo, riferendomi al Policoro, di giovani vogliosi
di emergere, con l’argento vivo addosso e che suscitavano simpatia per
quel modo sbarazzino e forse incosciente di affrontare una gara di
calcio. Nella gara con il Prato, ho visto un primo tempo che mi fa
ancora rabbrividire; mai una proposta di gioco, mai un passaggio
decente. Solo recite a soggetto, solo rilanci lunghi senza raziocinio,
senza geometrie, atleti che non riuscivano a dialogare in fase di
costruzione del gioco; che non riuscivano a fare due passaggi, che siano
almeno due, di fila. Un primo tempo da squadra di oratorio.
Lamentavo scarsa consistenza e precisione del centrocampo nelle scorse
partite interne. Con l’assenza dello squalificato Velardi, a
centrocampo, contro il Prato, è stato peggio che andare di notte.
Maurizi ha voluto inventarsi Deli giocatore di centrocampo e – a mio
parere – ha commesso due errori: ha tolto vivacità al suo attacco e
contemporaneamente consegnato un calciatore non abituato a determinati
compiti a un centrocampo orfano di una guida sicura in fase di
costruzione del gioco. Deli si è impegnato al massimo, anche troppo,
prova ne sia che ha commesso due brutti falli di seguito che lo hanno
costretto a lasciare il campo prima del tempo. Capisco anche che un
allenatore deve provarle tutte, quando gli manca uno dei pochi
calciatori esperti, come nel caso di Velardi, ma la mossa di Deli
schierato a centrocampo, alla fine non è risultata felice.
Scusate, ma se non c’è un assetto di squadra, giovani o non giovani, se
non c’è l’idea di un gioco, di un modello tattico da seguire, se non ci
sono movimenti tattici fondamentali, se c’è solo confusione, anche con
tanta buona volontà, come si possono ottenere risultati positivi? Brutta
la partita con il Prato, con un primo tempo inguardabile, con una
Paganese inesistente. Non esagero, e lo dico soprattutto per chi la
partita non l’ha vista, a sostegno di quanto vado dicendo, c’è la prova
inconfutabile che il portiere del Prato nel primo tempo non si nemmeno
sporcato i guanti ed al massimo ha dovuto effettuare un paio di rilanci
da fondo campo. Non sono esagerato, credetemi.
Qualcosa è cambiato nella seconda parte della gara. Pur ridotta in dieci
uomini, la squadra azzurro stellata ha messo in campo tutta quella
determinazione che aveva latitato nel primo tempo. Intendiamoci, niente
di eccezionale; ma almeno si è vista la voglia di ribaltare il
risultato, si sono visti in campo atleti più vivi, non rassegnati, che
si sono dannati l’anima per arrivare almeno a un risultato di parità.
E come spesso accade in una partita di calcio, la Paganese avrebbe
potuto anche agguantare il pareggio. Ma nelle uniche due azioni di un
certo rilievo, prima il palo ha detto di no a un intelligente
inserimento di Nascimento su errato disimpegno difensivo e poi, a tempo
di recupero scaduto, ci hanno pensato Panariello e Iraci a sprecare
l’unica limpida occasione da rete della giornata.
Questo è tutto.
Nino Ruggiero - paganesegraffiti.wordpress.com/