IL GOL DI RUSSOTTO SU PUNIZIONE |
di Nino Ruggiero
Nella mente e nel cuore resta solo lo striscione che il settore “distinti” ha inteso dedicare alla memoria di Marcello Torre, il grande sindaco trucidato nel dopo-terremoto, appena trentatreanni fa.
Paganese-Catanzaro: una partita inutile. Tempo inclemente, tribuna deserta, in totale un centinaio di spettatori, compresi un manipolo di calabresi: roba da calcio parrocchiale. Si deve giocare e si gioca. Ma è una partita dall’esito scontato; troppa la differenza di sostanza fra le due squadre.
Maurizi, che si sente saldo sulla panchina nonostante i risultati negativi a catena, deve aver studiato per bene gli avversari. Restituisce pertanto Giampà al suo ruolo originario, che è quello di cursore sulla fascia destra: un occhio alla difesa, un altro alla costruzione del gioco sul suo settore. La mossa, a dire il vero, irrobustisce il settore destro perché in quella zona Giampà riesce a dare il meglio di se stesso, come ha sempre fatto nel corso della sua lunga carriera. A Giampà è affidato il compito di ingabbiare, con l’aiuto di Monopoli, Russotto, che è l’elemento di maggior tasso tecnico degli avversari. Mossa di tutto rispetto per una squadra normale, ma non per la Paganese che oramai è come un soprabito sdrucito o, come diciamo coloritamente dalle nostre parti, “arrepezzato”; cerchi di aggiustarlo da una parte e si “scatascia” dall’altra.
Perde colpi, infatti, il reparto di centrocampo, orfano proprio dell’esperienza di Giampà. Il duo Franco-Martinovic è sovrastato dai calabresi che in quel settore schierano quel volpone di Vitiello affiancato da Benedetti e Marchi; superiorità di fatto già solo numerica, per non parlare di qualità.
Maurizi si affida al suo modulo preferito, ai tre attaccanti che sono tali solo sulla carta perché sono preda costante della difesa ospite. Il Catanzaro è padrone del campo perché nel settore centrale schiera calciatori di spessore e di qualità con trascorsi anche in serie superiore.
Quasi un allenamento per il Catanzaro che, come il Perugia un mese fa, una volta arrivato al vantaggio, gioca come fa il gatto con il topo. Ecco il Catanzaro, squadra costruita per vincere: giovani manco a parlarne, se si eccettua Calvarese che lo scorso anno giocava proprio qui da noi. E volete che una squadra siffatta, davanti ad un manipolo di imberbi giovincelli, debba sudare chissà quanto per portare a casa i tre punti?
Oramai ci dobbiamo rassegnare; questo campionato andrà avanti così, con criteri parsimoniosi anche se più d’uno in giro si affida all’orgoglio e alla voglia e di Raffaele Trapani di rimestare il tutto nel mese di gennaio. Il guaio sapete qual è? È che gran parte della tifoseria – a causa di risultati negativi a ripetizione – si è disamorata e nel calcio, come nella vita di tutti i giorni, a perdere “clienti” perché un determinato prodotto non è ritenuto più soddisfacente, è facile, molto facile. Il difficile sta nel riacquistare i clienti perduti, se vogliamo usare una metafora che a mio parere calza a pennello.
Intanto dobbiamo ancora assistere a partite dall’esito scontato; c’è troppa gioventù, troppa inesperienza, troppa gente da svezzare in tutti i reparti. Con un parco giocatori che, quantitativamente, può fare concorrenza a squadre di serie A, l’allenatore Maurizi, in mancanza di materia prima di valore, può rimescolare le carte come vuole: può affidarsi a moduli più o meno offensivi, può provarle tutte, ma quando non c’è sostanza, quando non c’è qualità non puoi mai affrontare una squadra come il Catanzaro sperando di farla franca.
Maurizi ha le sue colpe, non si discute. Di certo, però, non è l’unico responsabile di questo stato di cose; però un allenatore che ha polso e personalità, oltre che dignità, deve farsi sentire e porre dei paletti. Non credo che Maurizi lo abbia fatto o, se l’ha fatto, ha segnalato e chiesto elementi che risultano poco congeniali alla causa di una squadra che invece avrebbe avuto bisogno di elementi di grosso spessore tecnico.
Resta il fatto che Maurizi è ancora saldamente al suo posto e parla anche di futuro; se lo fa, qualche ragione ci deve pur essere, perché è arcinoto che il primo a pagare quando i risultati sperati non arrivano è sempre l’allenatore.
Stiamo parlando di normalità; ma oramai anche la normalità è una parola astratta.
Nino Ruggiero - paganesegraffiti.wordpress.com