DI NINO RUGGIERO
La partita con il Monterosi ci ha consegnato, purtroppo, la Paganese delle ultime settimane, quella di Campobasso e quella di sette giorni fa nell’incontro casalingo con il Catanzaro. Una squadra lenta, impacciata, timorosa, addirittura autolesionistica nei suoi comportamenti difensivi. Per ben due volte, siamo nei primi minuti della gara, palle velenose in uscita sono state graziosamente consegnate agli attaccanti avversari. E per due volte c’è voluta tutta la classe, la bravura e l’esperienza di Baiocco per evitare che il Monterosi passasse subito in vantaggio. Perdere palla in uscita dalla difesa o non riuscire ad allontanare palloni vaganti e velenosi in area è da dilettanti allo sbaraglio, non da professionisti. Sta capitando troppo spesso per definirli infortuni. Grassadonia, che è stato ottimo difensore, deve porre rimedio allo scempio difensivo che sta relegando la squadra a uno degli ultimi posti in fatto di reti incassate. E meno male che in porta c’è un certo signor Baiocco, anche a Viterbo sugli scudi…
Eppure, la squadra disegnata a fine estate a tavolino dallo staff tecnico, coordinato da Cocchino D’Eboli, pareva avere le qualità giuste per disputare un onorevole campionato.
Murolo e Schiavi come centrali, elementi dotati di pedigree non indifferenti, avrebbero dovuto costituire una coppia di centrali insormontabili. Ma i due, per svariati motivi, di salute e per infortuni, sono stati utilizzati con il contagocce e non è mai stato possibile varare una difesa all’altezza della situazione, così come nelle intenzioni della vigilia. È mancato anche il filtro di centrocampo, essenziale, assicurato da un mediano quando sono gli avversari ad avere il pallino del gioco in mano; per questa fase di non possesso è mancato l’apporto qualitativo e quantitativo di Vitiello, perennemente alle prese con acciacchi vari, uno dei pochi atleti in grado di recitare la parte di mediano frangiflutti davanti alla difesa.
A fine estate, in giro, nei bar, nei covi della tifoseria, si respirava aria nuova, aria di riscatto e di rivincita. S’era ricreato entusiasmo e fiducia nei confronti della società, cosa che non avveniva da anni. La famosa asticella, quella che consente sbalzi di rendimento e voli di fantasia, poteva essere azionata. Li avevano poi autorizzati le due vittorie di fila, dopo l’arrivo di Grassadonia, contro Catania e Taranto.
Nessuno però aveva messo in conto gli acciacchi, lo stato di forma, gli infortuni più facili a verificarsi con atleti ultratrentenni.
Dall’altare alla polvere, non ci vuole molto nel mondo del calcio a invertire la tendenza, soprattutto quando si è in presenza di atleti che rappresentano vere e proprie scommesse in quanto a rendimento.
Il calcio negli ultimi tempi è cambiato. Oggi le squadre puntano molto sul dinamismo e sulla velocità; sui raddoppi di marcature; sulla capacità di arrivare per primi sulle seconde palle, che sono poi quelle vaganti in seguito a contrasti. L’aspetto atletico conta molto, quasi come quello squisitamente tecnico. Ci vogliono polmoni a mantice per mantenere costante il rendimento agonistico, per contrastare gli avversari sul piano della velocità.
Cosa voglio dire? Solo che al momento bisogna guardarsi bene in faccia e capire come andare avanti. Lo deve fare per primo Grassadonia, responsabile tecnico, per trovare il bandolo della matassa che coinvolge soprattutto la fase difensiva; ma lo deve fare anche la società che deve ridimensionare le aspettative di grandezza. Sono dell’avviso che una volta sistemata l’intelaiatura difensiva, che è quella che dà più preoccupazioni, si possa guardare con maggiore fiducia ai prossimi impegni.
Si, è vero. Questa Paganese ha molte cose da chiarire. Lo deve fare per tanti motivi; per la classifica che comincia diventare ingenerosa; per la sua tifoseria probabilmente illusa da un buon inizio di campionato; ma lo deve fare soprattutto per se stessa perché i valori tecnici, per quanto datati, non si inventano dalla sera alla mattina. E il calcio, checché se ne dica, per quanto oggi possa celebrare l’agonismo e il podismo più frenetico, è anche poesia.
Nino Ruggiero