16.5.22

I miracoli non si ripetono.

DI NINO RUGGIERO

Quello che vi apprestate a leggere è l’articolo più sentito, più amaro che il sottoscritto abbia mai scritto nella sua carriera di giornalista sportivo.

Ho scritto di calcio e di Paganese fin dai tempi di Granozi, Sasso, Pacco, Tramontano, guidati in panchina prima da don Antonio Valese, un mostro sacro del calcio, colui che inventò il “battitore libero”, e poi da Giacomino De Caprio.

Anni d’oro per la Paganese, è vero; si giocava nei dilettanti, su terreni duri e polverosi di provincia. Calcio decisamente epico. La Paganese-squadra mieteva successi. Annata 1965/66, campionato vinto alla grande senza perdere una sola partita, ma sconfitta nella finale con la Sessana. Roba da chiodi, una promozione fallita nell’unica partita storta di un intero campionato. C’era da disperarsi e da buttare tutto all’aria. Ma i dirigenti dell’epoca, con Attilio De Pascale in prima fila, non mollarono e l’anno successivo approdarono nell’agognata “Quarta serie”, oggi serie D.

Non bastava; la città voleva la serie C. E serie C fu nell’annata 1975/76 dopo un testa a testa con l’Avezzano. Si sa, l’appetito vien mangiando e l’anno dopo la squadra , con Gennaro Rambone in panchina, mancò di poco la clamorosa promozione in serie B.

Quante battaglie sportive, quante gioie, ma anche quante ansie, quanti problemi! Ve lo assicuro, non sempre sono state rose e fiori. Ci sono stati tempi duri per la società anche quando calcisticamente la squadra pareva viaggiare con il vento in poppa. E i sacrifici? Quanti ne hanno fatto persone che oggi non ci sono più? Nomi non ne faccio, correrei il rischio di dimenticarne qualcuno, e non è bello.
Chi mai potrà riuscire a mettere su carta, per poterle rivivere, le preoccupazioni di tanti dirigenti del passato, spesso in difficoltà per fare quadrare conti sempre più esosi?

E’ il calcio, amici: gioie e dolori, vittorie e sconfitte. Le sconfitte sono dure da digerire, specie quelle che possono decretare la fine di un’epoca e di un mito. I miracoli, purtroppo, non si ripetono. Andò bene lo scorso anno contro il Bisceglie, grazie a un gol all’ultimo istante di Diop (e chi se lo dimentica?), meno bene quest’anno contro la Fidelis Andria.

Credo che Raffaele Trapani, dirigente di lungo corso, sia il più amareggiato per una conclusione che non si aspettava. Di oggi, il comunicato con il quale il presidente si è scusato con la tifoseria organizzata per gli errori commessi dalla società e che hanno portato a un’amara e cocente retrocessione.

A Raffaele Trapani – in tutti i casi – va il ringraziamento per aver guidato con onore la società. Ha vinto, ha perso; ha comunque lasciato il segno per aver guidato la società per lungo tempo. E non è facile in serie C, basta guardarsi intorno. Avrebbe probabilmente potuto fare di più, coinvolgendo più teste pensanti, ma è anche vero che è troppo facile parlare dal pulpito senza conoscere a fondo tanti particolari.

I guai – questo però bisogna dirlo – la Paganese se li è procurati da sola da dicembre in poi. Meglio non aggiungere altro.

Adesso, giocoforza, bisognerà voltare pagina. E credo che lo farà lo stesso Trapani che – da buon capitano – non abbandonerà la nave nel momento in cui sta affondando. Non sarà facile riprendersi dopo una batosta che ha visto crollare tanti miti dopo sedici anni di militanza in terza serie, ma Raffaele Trapani ha la testa dura e non mollerà.

Nino Ruggiero