Un pareggio, scaturito dopo l’incontro con la Fidelis Andria, non deve avvilire. Gli azzurro-stellati, con una prova di carattere, hanno dimostrato di aver assorbito la brutta e inopinata sconfitta rimediata ad Agropoli e sul piano del gioco hanno dato dimostrazione di forza dominando territorialmente la gara in lungo e in largo. Hanno vinto? No, è arrivato solo un pareggio, ma il risultato non deve demoralizzare perché si deve sempre tener conto del valore dell’avversaria. Bisogna sempre andare al di là del proprio naso per valutare sia una prestazione, sia un risultato. La Fidelis Andria è squadra costruita per vincere. In fase di campagna acquisti la società pugliese ha operato senza badare a spese e per questo può permettersi di avere in formazione un giocatore come Strambelli; una vera bestemmia per la categoria dei dilettanti. Il calciatore in questione ha giocato anche in serie B e serie A con il Bari, oltre ad aver disputato tantissimi campionati di serie C con Matera, Reggina e la stessa Fidelis Andria. Tanto per capirci, il calciatore nell’Andria ha lo stesso valore intrinseco che aveva lo scorso anno Stefano D’Agostino che con le sue magie di alta scuola, in molte partite, fece grande la Paganese. E volete che un calciatore di tale portata non riesca a mettere lo zampino sul risultato? In entrambe le segnature c’è il suo marchio. Sul primo ha pennellato un pallone delizioso dalla sinistra per la testa di Scaringella, nel secondo ha esploso un rasoterra mortifero che ha fatto secco il povero Pinestro.
Perché vi dico questo? Perché nel calcio i valori tecnici non si inventano. Sono valori: o si hanno o non si hanno. Si può essere bravi a impostare una partita, a predisporre accorgimenti tecnico-tattici, a dare un gioco corale e armonioso a una squadra. Ma poi entrano in gioco altri fattori; tra cui, imprescindibili, il bagaglio tecnico, la classe dei singoli, la genialità: valori che nel calcio fanno la differenza e possono risolvere una partita. Cosa che è puntualmente avvenuta al “Marcello Torre” nonostante gli uomini di Agovino abbiano dominato l’incontro. I saggi dicevano “quando sei martello, batti. Quando sei incudine, statti”. La Paganese è stata martello per larga parte della gara ma ha battuto poco quando avrebbe potuto concretizzare il gran lavoro svolto.
Non va mai dimenticato che la Paganese ha costruito l’attuale squadra dal nulla senza poter attingere a un budget di rilievo; quindi è già tanto che riesca a sviluppare un gioco armonico e piacevole che ha fatto fare pace con il calcio a tanti tifosi delusi dagli ultimi campionati.
Onore e merito non solo per l’allenatore Agovino ma anche a chi l’ha costruita con criteri obbligatoriamente utilitaristici per raggiungere il primo traguardo fissato nella salvezza.
Insomma, andiamo pure per metafore, la minestra è buona – sicuramente non riscaldata – ed è composta da ingredienti che la insaporiscono al punto giusto. Al momento non sappiamo neanche se potrebbe bastare un acino di sale per renderla più saporita. Non so se mi spiego.
Le prestazioni ci sono, i risultati però vengono e non vengono. La domanda intrigante è una sola: ci sono rimedi per migliorare prestazioni già di per se stesse soddisfacenti?
Ardua la risposta. La tifoseria azzurro-stellata però ha di che essere contenta. La squadra sta mantenendo tutte le promesse della vigilia e addirittura entusiasma in alcune occasioni, come ieri con l’Andria.
Della prestazione dei singoli ho già detto abbondantemente subito dopo la partita con il solito pagellone. Aggiungo che la squadra è stata encomiabile perché i suoi componenti hanno saputo ben recitare il copione scritto da Massimo Agovino.
Un’ultima nota; la squadra sta assumendo sempre di più una sua connotazione precisa e consola il fatto di vedere giocare assieme Coquin e Faiello, due elementi di cui ogni compagine che va per la maggiore non farebbe mai a meno.
Da paganesegraffiti.it