19.6.08

La serie C si chiamerà Lega Pro.

La serie C cambia nome. Da oggi diventa Lega Pro (Lega italiano calcio professionistica). La serie C1 diventa la Prima Divisione e la serie C2 la Seconda Divisione. Umbro lo sponsor tecnico. Rose contingentate. Solo 18 elementi per le squadre di C1 e 15 per quelle di C2. Giovani under 21 senza limiti numerici.

La serie C ha cambiato nome. Da oggi si chiamerà Lega Italiana calcio professionistica, abbreviazione "Lega Pro", e avrà un nuovo logo. Lo ha annunciato il presidente, Mario Macalli, al termine della riunione di fine stagione della Lega di serie C tenutasi questa mattina all'Ac Hotel di Firenze.

"Abbiamo cambiato la nostra definizione nominativa - ha spiegato Macalli all'uscita dalla riunione di Lega -. Siamo diventati Lega Italiana calcio professionistica, con l'abbreviazione di "Lega Pro" con il nuovo logo. Cambiano le denominazioni di serie C1 e C2, con la prima che avrà la denominazione di campionato di prima divisione, diviso in girone A e B, con trentasei squadre, quindi diciotto per ogni girone. Mentre la serie C2 diventa campionato di seconda divisione con cinquantaquattro squadre, con anche in questo caso diciotto società per i tre gironi".

E' stato comunicato anche il nuovo sponsor tecnico legato alla Lega Italiana calcio professionistico: "Sarà la Umbro", ha aggiunto Macalli, precisando che "dal nuovo regolamento federale è stata decisa una limitazione delle rose, con diciotto elementi per le squadre di C1 e quindici di C2, più tutti i giovani che si vogliono, con ragazzi che devono essere nati dal 1987 in poi".

"Sulla divisione geografica dei gironi - ha detto ancora Macalli - aspettiamo l'elenco delle aventi diritto e poi faremo esercizio di buon senso, partendo dal buon risultato riscontrato la scorsa stagione".

"E' stata una buona assemblea, il movimento è vivo, adesso pensiamo anche alla riforma dei campionati, che è necessaria. Come 'Lega pro' - ha concluso Macalli - rimaniamo in prima linea, certi di ribadire la nostra volontà di cambiamento, perché i club devono smettere di essere una fabbrica di debiti, con i presidenti che sono gli unici a rimetterci".

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