3.6.10

Paganese, l'analisi della stagione.

Allo stadio "Armando Picchi" di Livorno è maturata sul campo la retrocessione della Paganese in Seconda Divisione. Terminata, dunque, anche la post season, è tempo di fare i bilanci in casa azzurrostellata e vedere i pregi e i difetti della compagine liguorina dal ritiro di luglio fino al pareggio di Livorno. Lo facciamo analizzando l'ambiente azzurrostellato, settore per settore.

SOCIETA' - Per il sodalizio capeggiato da Raffaele Trapani si è trattato del primo vero insuccesso in sette anni di gestione. L'ultima volta che Trapani e soci non riuscirono a raggiungere l'obiettivo prefissato fu in Serie D nella stagione 2004/2005, quando non riuscì la promozione diretta e fu poi annullata la vittoria dei play-off contro il Siracusa. Dopo quell'annata sfortunata, la società ha dato grandi soddisfazioni alla città di Pagani col doppio salto dalla D alla C1 e le due salvezze conquistate nelle ultime due stagioni. Purtroppo quest'anno non è andata come si sperava, e un po' di colpe - dispiace dirlo - la società ne ha. Chiariamo subito che per società non va intesa solo la persona di Raffaele Trapani, ma anche quella del direttore D'Eboli, che a metà anno ha lasciato la barca. Qualcosa sull'asse presidente-direttore quest'anno non ha funzionato. Lasciare carta bianca ad un tecnico che porta con sè calciatori inesperti è stato sicuramente un errore che si è rivelato vitale. Peggio è stato non puntellare la rosa con giocatori navigati ed esonerare Palumbo dopo due misere giornate, segno che qualcosa non funzionava già dal ritiro. La scelta di Pensabene, tecnico anch'esso inesperto della categoria, che si è ritrovato fra le mani un giocattolo non suo mentre si apprestava alla prima gara di campionato col Sapri in D, non condivisibile. Azzeccata, invece, la mossa di Trapani di richiamare Palumbo dopo la parentesi di Pensabene e, allo stesso tempo, privarsi di D'Eboli, ma bisognava affidarsi ad un altro direttore sportivo competente, per cercare di sistemare la squadra durante il mercato di riparazione. Non facendo ciò, non stupisce che a gennaio siano arrivati in difesa e in attacco (i reparti maggiormente deficitari) soltanto i giovani Ingrosso e Giglio, poco utilizzati nell'arco della stagione. Forse sarà anche vero che nessun calciatore esperto abbia scelto la Paganese, ma vedere alcune dirette avversarie (vedi Viareggio e Foligno) che si rinforzano con i giovani di alcuni vivai eccellenti fa mangiare le mani. Il caso-Memushaj ha quasi dell'assurdo: Palumbo spingeva per tesserarlo, D'Eboli voleva mandarlo via, infine si è deciso per un contratto annuale. Il risultato è che l'albanese, che presto debutterà anche con la sua nazionale, ha firmato un pre-contratto col Chievo (probabilmente andrà in prestito in serie B) e la Paganese non ha intascato nulla. Dopo Livorno, Trapani sta meditando di lasciare, stanco dopo sette anni di presidenza, vissuti intensamente. Non è stata sicuramente la retrocessione a fargli prendere una decisione che sta covando da tempo. Nonostante tutto, Trapani non se ne andrà lasciando la Paganese in cattive acque. L'anno appena trascorso non è da dimenticare: da questi errori si può ripartire per far tornare grande la Magica Stella.

ALLENATORE - Quest'anno la panchina azzurrostellata ha avuto due proprietari. Il primo è stato Pino Palumbo, vecchia conoscenza della Paganese, ritornato a Pagani per riprendersi quello che gli era stato tolto due anni prima. Esonerato dopo due giornate, gli è subentrato Andrea Pensabene, mister "scippato" al Sapri alla vigilia del debutto in campionato, che vantava nel suo curriculum in C1 solo una retrocessione col Manfredonia. La sua parentesi sulla panchina della Paganese non è stata delle migliori: 5 punti, frutto di altrettanti pareggi, in 9 partite sono un magro bottino, che ha influito sulla posizione di classifica, e di conseguenza sulla retrocessione. Il ritorno di Palumbo è stato fondamentale per la Paganese, che ha cominciato a macinare gioco, riscuotere consensi a destra e a manca, anche se i punti latitavano, complice una scarsa vena realizzativa e continue amnesie difensive. Durante il mercato di gennaio, il trainer di Venosa ha richiesto un difensore e un attaccante; la società ha "accontentato" il suo allenatore con Vicedomini (un centrocampista) e i giovani ed inesperti Giglio ed Ingrosso. Palumbo è riuscito comunque a portare la Paganese ai play-out grazie ad una buona organizzazione tattica, facendo leva sugli animi dei suoi calciatori più che sulle loro reali qualità tecniche, collezionando nel girone di ritorno ben 22 punti (sarebbe stata salvezza) a differenza degli undici dell’andata. Purtroppo il carattere non è bastato nel doppio confronto col Viareggio. La "coscienza professionale" di Palumbo, però, non è del tutto immacolata. Appena arrivato a Pagani, ha rifiutato calciatori che appena un anno fa avevano fatto la fortuna della Paganese, quali Taccola con la giustificazione che il progetto della Paganese tendeva al futuro ed era incentrato sui giovani. Qualche scelta tattica potrebbe essere contestabile al tecnico. Il caso di Tortori, ad esempio, potrebbe essere paragonato a quello di Cassano in Nazionale. Lasciare il più del tempo un attaccante che segna 9 gol, che quando entra dà un tocco di qualità alla squadra, quando in avanti non ci sono valide alternative, è stato un grave errore per il trainer di Venosa, che poi ha deciso di affidarsi alla giovane punta, scuola Lazio, solo nel finale di stagione. Tuttavia, Palumbo, con tutte le difficoltà con cui ha lavorato, è stato ad un passo per compiere il più grande “miracolo” calcistico nella città di Sant’Alfonso ed è forse quello che ha meno colpe per questa retrocessione.

CALCIATORI - Cosa si può dire sui calciatori che quest'anno hanno vestito la maglia azzurrostellata? Vengono in mente Tortori e Memushaj, le vere rivelazioni; Sciannamè e Maisto, che dopo un avvio stentato sono diventati i punti cardini; Panini ed Izzo, che hanno sputato sangue; ma vengono in mente anche chi come Monticciolo e Berardi ha deluso le aspettative, oppure chi, come Lasagna e Zarineh, che forse non ha onorato fino in fondo la casacca che indossava. A tutti però va fatto un enorme plauso. Le facce tristi e disperate a Livorno le avevano anche loro, la delusione, per un traguardo a cui credevano, era soprattutto loro. Anche per loro è stata una sconfitta e resterà, volente e nolente, nel loro curriculum. Molti erano al primo anno in terza serie e presentavano notevoli limiti tecnico-tattici. Hanno saputo sopperire a questi con grande abnegazione, apprezzabile spirito di sacrificio e tanto cuore. La partita di Livorno è stata l'emblema della loro stagione. Sfuriata iniziale, non sempre coronata col gol, difficoltà a chiudere la gara dopo il vantaggio, scioglimento dopo il gol avversario, tentativo di rialzare la testa. In poche parole si può racchiudere la sfortunata annata di questa compagine.

TIFOSI - Forse chi non è retrocesso, chi non retrocederà mai, anzi che viene promosso domenica dopo domenica. Encomiabili! La fotografia del settore ospiti del "Picchi", assediato da 1000 cuori paganesi, rimarrà negli annali non solo della formazione liguorina. Nonostante l'ultima posizione in classifica, una società quasi indifferente e le condizioni meteorologiche avverse, non hanno fatto mai (o quasi) mancare ai propri beniamini il loro apporto, sia in casa ma soprattutto in trasferta. E non stupiscono la contestazione durante il derby col Sorrento e "lo sciopero del tifo" contro il Perugia per protestare contro la Giornata Azzurra. Loro non retrocedono mai!

Danilo Sorrentino - www.paganese.net