Franco Lepore la classe operaia va in paradiso. Leccese doc (di Case Magno), 24 anni, gli ultimi 4 a Varese. Quanti bastano, cioè, per segnare 30 gol e balzare dalla D alla Prima divisione. Ha salutato Varese con la fascia al braccio e le lacrime agli occhi, la curva ancora intona in suo onore «Un capitano, c’è solo un capitano ». Roba da brividi, specie per quel Dante che, con la compagna (gestori del Bar nello stadio varesino) lo vedevano come un figlio, capace di fare caffè e servire gazose al banco se serviva.
Combattente Non c’è da stupirsi, quando sei un giovane combattente della vita (orfano di padre a 10 anni) che a 18 anni è operaio per 800 euro al mese nel nebbioso nord in una fabbrica di oggettistica per il bagno, emigrato per fare fortuna col pallone dopo la «bocciatura », non ti ferma nulla. «A 10 anni ero alla scuola calcio Libertas, del Rione Borgo. Passai al Lecce: ho giocato con Pellè, Camisa, Gorghetti quelli che poi vinsero lo scudetto Primavera. Io no, perché dopo gli Allievi, essendo bassino, fui scartato: Corvino e i dottori le tentarono tutte, anche visite specialistiche. ’C’è chi cresce prima, chi dopo — dicevano i medici — il ragazzo è sanissimo, attendete che cresca’. Ma il mio ruolo, esterno di mediana o trequartista, era stracoperto. Andai nella Juniores del Nardò, poi in Eccellenza a Copertino: 32 gare, 3 gol, campi in terra pietrosa e trasferte all’alba tornando tardissimo. Un amico, Gigi Danese, mi segnalò al Castelfranco Emilia, appena promosso in D. Mi svegliavo alle 4 per andare in fabbrica, 8 ore di lavoro, pranzo e riposo. Dalle 19 fino alle 22 allenamenti in notturna, molti, in squadra, erano operai come me. Ottocento euro in fabbrica, 500 dalla società: tutto spedito a mamma Silvana. È vedova, non posso non aiutarla».Sogni e realtà In 4 anni di Varese gioie, successi, ma soprattutto la crescita, e non solo in altezza. «Mister Mangia mi ha insegnato come stare tatticamente in campo, Lorenzini ex vice di Costacurta a Mantova, mi ha inculcato i tempi delle giocate. Sannino, l’anno scorso, dopo due gare mi ha nominato capitano e fatto capire come mettersi a disposizione della squadra, del gioco corale». Ben 30 gol per il Varese, spalmati in 4 anni: poi il Lecce lo «misura» di nuovo. Ok, l’altezza è da B, e finalmente rinfila la maglia dei sogni.
Rieccomi Lecce L’attualità? È la gioia prevedibile («Corono il sogno di bambino») ma non gratuita («Ho avuto fortuna, però devo dimostrare se valgo »). La cronaca è l’omaggio ai senatori: «Il mio esempio è Giacomazzi, per il ruolo e la grinta che l’ha spinto a lasciare per poi tornare a Lecce, ma anche Castillo che, come me, s’è affermato partendo dalla D». Un combattente che la tifoseria, la sua città, è pronta ad adottare.
FONTE GDS PUGLIA da salentogiallorosso.com