19.1.18

De Giosa lancia l'appello: "Spero che arrivi una mano a Trapani. Paganese mio trampolino di lancio".


«Il pubblico è senza dubbio il ricordo più bello che porto con me dell’esperienza alla Paganese». Roberto De Giosa, difensore centrale, classe 1981, è un protagonista recente della storia azzurrostellata. In forza alla Paganese per due stagioni – 2007/2008 e 2008/2009 – originario di Bari, oggi gioca nel Manfredonia in Serie D

Il ricordo più particolare dei tuoi due anni a Pagani?
«Sono stati due anni molto belli, anche se difficili, specie il primo. Nel 2007/2008 la Paganese era al suo primo anno in C1. Non fu un campionato semplice, rimanemmo impelagati nei bassifondi della classifica e poi per fortuna riuscimmo a fare i playout classificandoci meglio: questa posizione ci consentì di giocare la prima partita in trasferta e la seconda in casa. Conseguimmo una salvezza che a un certo punto sembrava insperata. Fu un’annata difficile che però diede grandi soddisfazioni». 

Andò meglio l’anno dopo…
«Sì, conseguimmo una salvezza tranquilla con Eziolino Capuano in panchina: la squadra era più competitiva. Ricordo però che verso la fine del campionato non riuscivamo più a vincere una partita: inanellammo 6 pareggi di fila».

C’è un momento che ricordi con meno piacere di quei due anni?
«Forse solo qualche risultato. Il primo anno cambiammo diversi allenatori, non avevamo una grossa squadra. Ma il presidente ci spronava sempre a dare il massimo. Ci diedero anche una grande mano i tifosi. In casa non abbiamo mai sfigurato grazie all’aiuto del pubblico». 

Dicevi che il pubblico è il ricordo più bello di quell’esperienza: perché?
«Non ero mai uscito dalla Puglia come calciatore. Ricordo che a Pagani fui accolto molto bene e mi sorprese l’attaccamento della tifoseria. Anche perché poi, diciamoci la verità, nello sport quando ti impegni e fai bene, lasci sempre un buon ricordo. Quando sono tornato da avversario, me ne hanno dette di tutti i colori, ma fa parte del gioco». 

Cosa ti ha lasciato l’esperienza di Pagani?
«È la piazza che mi ha lanciato e mi ha dato la possibilità di calcare altri palcoscenici, di giocare in altre squadre con l’ambizione di vincere. Sono convinto di una cosa: se non fosse stato per quell’esperienza a Pagani, non avrei mai fatto quello che poi sono riuscito a fare nella mia carriera». 

Ricordiamo il tuo arrivo alla Paganese?
«Avevo ancora un anno di contratto con il Manfredonia; per un cambio di programma io e altri calciatori fummo costretti ad andare via. Mi chiamò la Paganese, sapevo che era un ambiente bello caldo e che c’era l’intenzione di fare una buona squadra. Fu facile accordarsi con il direttore D’Eboli e il presidente Trapani. Poi, dopo quei due anni, andai al Sorrento». 

Il rapporto più bello di quegli anni?
«Con tutti, il presidente, Filippo Raiola, Gianfranco Rosati… Tutti. Con il presidente andavamo spesso a vedere le partite di biliardo assieme». 

Stai seguendo le vicende di quest’anno?
«Ho sentito anche le parole del presidente in conferenza stampa sabato. Credo che quanto sentito rispecchi appieno anche la situazione del calcio italiano. Stimo tanto Raffaele Trapani. In questi anni mi ha chiamato per chiedermi di tornare a Pagani, dove sono stato benissimo. A me non piace tornare dove hai fatto bene e hai lasciato un buon ricordo; con l’avanzare degli anni rischi di fare brutta figura e di cancellare il buono». 

Ti senti di dire qualcosa su questo particolare momento della Paganese?
«Dovrebbero dare tutti una mano a Trapani: le spese sono tante, se non c’è nessuno disposto a dare un aiuto concreto si fa fatica ad andare avanti. E c’è il rischio di tornare in categorie meno importanti dopo i sacrifici enormi fatti finora. Mi rendo conto che, considerate le difficoltà economiche, diventa difficile trovare qualcuno disposto a buttare soldi nel calcio; ma spero che arrivi qualcuno a dargli una mano». 

Barbara Ruggiero
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