E' difficile scrivere e commentare - anche perchè c'è ben poco da commentare - un'altra sconfitta della Paganese, la terza consecutiva, la quinta considerando anche le due di Coppa Italia. Mister Fusco cambia modulo e qualche uomo, passando dal 4-3-3, marchio di fabbrica, al 3-5-2 ma non cambia il risultato: si continua a perdere e a prendere troppi gol, già dieci in tre partite, ben sette nelle due gare casalinghe. E' una squadra che ha giovani con dei limiti ed over sbiaditi, come ha dimostrato la gara con le vespe. Voler caricare però tutte le responsabilità e le colpe di questo disastroso avvio di campionato - una routine negli ultimi anni - sulla testa di allenatore e calciatori sarebbe ingiusto. C'è un momento per dire basta e solo mister Fusco saprà, se si proseguirà su questa strada, quando quel momento sia giusto certificarlo. Come sempre c'è una gerarchia di responsabilità che parte dal presidente in giù. E il vertice societario secondo me ha delle responsabilità strutturali che partono da lontano: la mia è sempre la stessa domanda che mi faccio e faccio a voi: "Perchè si continua a fare calcio in questo modo?" Mi sembra che questa domanda la feci al presidente Trapani già un anno fa e la risposta fu: "Ho promesso che con me la Paganese non fallirà mai!". Ma questo a cui stiamo assistendo non è forse un fallimento? Io penso di sì. Un fallimento del progetto tecnico ma soprattutto di quello passionale che ha portato alla fuga dal Torre, una dispersione di un migliaio di spettatori e di forze economiche e sponsor.
Ieri, prendendo il mio solito posto a destra della tribuna, non ho visto due miei amici che da sempre hanno sofferto e gioito, per la formazione azzurra. La loro assenza ha fatto rumore tra coloro che li conoscono e ciò deve far riflettere molto. La squadra di calcio è qualcosa che ti coinvolge, come tutte le passioni, ma da anni la Paganese non trasmette più queste senzazioni: è come una vecchia lampadina che è andata in tilt ma che poi, durante un playout, si riaccende improvvisamente per poi tornare nella sua condizione iniziale. Una squadra di calcio deve farti trepidare, poi perde, a volte vince, ma queste emozioni a Pagani da tempo non si vivono più. "Così non è più calcio, non è più la Paganese", mi hanno detto questi due innamorati della casacca azzurra che per la prima volta, negli ultimi quarant'anni e passa, hanno disertato il Torre che era il loro porto d'emozione domenicale. Penso che l'amore del presidente Trapani verso questa sua creatura si stia trasformando in un boomerang, allontanandolo dalla realtà. A volte le decisioni dastriche sono le più dolorose ma anche le più giuste. Forse se al termine del campionato scorso avesse lasciato la società, dopo averla ancora una volta condotta alla salvezza, ci sarebbe stata una presa di coscienza generale del problema solo accennato a gennaio del 2018 in quella famosa conferenza stampa. Dopo quella conferenza stampa, in cui la società annunciava le difficoltà della gestione di una società in serie C, si doveva aver il pugno fermo pensando al distacco. Così non è stato e si va avanti con un progetto inadeguato e che non porta a soluzioni. Così si mortifica la propria passione e l'amore dei tifosi verso questa maglia, umiliata e maltrattata ogni settimana dalle formazioni avversarie, che si sta trascinando mediocremente verso un futuro ancora più incerto che ha un'unica certezza nel presente: l'ultima posizione a zero punti in classifica.
Peppe Nocera
© Paganesemania - Riproduzione riservata
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