3.5.22

Una scelta di campo.

Di Nino Ruggiero

All’inizio della nuova stagione 2021-22, quando lo staff societario era all’opera per allestire la nuova Paganese – ne sono certo – nemmeno il pessimista più incallito avrebbe mai pensato di dover ancora una volta – e siamo a quattro anni di seguito – sperare nei play-out per arrivare alla salvezza.

Perché? Perché c’erano stati squilli di tromba che annunciavano ingaggi di calciatori importanti; erano arrivati segnali beneauguranti dopo l’avventuroso pareggio per quattro a quattro con il Messina nella prima di campionato, un gara recuperata proprio sul filo di lana grazie a un gol spettacolare messo a segno da Castaldo. Erano poi arrivate le vittorie casalinghe con Taranto, Vibonese, Catania e Potenza; era arrivato il pareggio esterno conquistato a Bari.

Diciamolo con schiettezza: c’erano tutte le premesse per pensare a un campionato tranquillo visto che la squadra, pur in difficoltà di gioco, riusciva ad arrivare al gol grazie a prodezze individuali di calciatori che erano stati ingaggiati proprio perché dotati di buona tecnica individuale. Il ragionamento in prospettiva del tifoso non faceva una grinza: se si riusciva a vincere senza un gioco, a maggiore ragione i risultati sarebbero arrivati più copiosi con il passare del tempo, quando gli ingranaggi del gioco sarebbero stati oleati a dovere da un signor allenatore ingaggiato proprio per alzare la famosa asticella.

Su, diciamocelo in un orecchio: chi avrebbe potuto pensare, pur dovendo riscontrare risultati altalenanti nella prima parte del campionato, che sarebbe finita ancora una volta con due partite secche da disputare per salvare un intero campionato e forse anche una storia?

Sì, è vero; siamo tutti delusi, amareggiati, sconfortati, arrabbiati, avviliti. Ma non risolveremo niente se faremo prevalere questo tipo di sentimento e – da autolesionisti – rischieremmo di avvelenare anche il fegato.

Dopo una caduta, sia pure rovinosa, la vita ci insegna che bisogna rialzarsi; mai darsi per vinti e pensare invece a salvare il salvabile, con tutta la comprensibile licenza di pronunciare indicibili improperi che per rabbia proprio non riusciamo a trattenere.

Sì, è vero, sacrosanto: sono stati commessi molti errori, tanti, troppi, allo stesso modo degli anni scorsi; ma come si fa a voltarsi dall’altra parte con una scrollata di spalle quando ti casca il mondo addosso? Quelli che non conoscono la storia della Paganese, quelli che hanno guardato solo al proprio orticello, e non conoscono il calcio, non capiranno mai che cosa significa vivere emozioni su un campo di calcio, anche da semplici spettatori. Da loro non ci aspettiamo granché perché come gran parte degli opportunisti e degli ignavi non sanno guardare al di là del proprio naso.
Quelli che non dovranno mancare all’appuntamento del destino – fissato per sabato prossimo alle ore 17 e 30 al “Marcello Torre” – sono coloro i quali hanno sempre amato e onorato i colori gloriosi di una città che non vuole perdere un bene prezioso. Mi piace ripetere quello che ho già detto qualche settimana fa quando mi sono rivolto a quella parte sana della tifoseria avvilita e mortificata. In questo momento delicato della storia del calcio locale, bisogna fare una scelta di campo ma essere presenti.

Turiamoci il naso, come disse il grande Indro Montanelli, quando – in tema di votazione elettorale – si trattò di salvare la democrazia, e puntiamo diritti, tutti assieme, a salvaguardare quel poco che c’è rimasto in questa città.

Il mio biglietto l’ho fatto: tribuna, fila F posto 78. Non posso non esserci.
Che volete, lo dico da nostalgico avvilito: la serie C non possiamo e non dobbiamo perderla!

Nino Ruggiero