25.5.11

Ultimo atto.

Così è (anche se non vi pare)
Abbiamo trascorso un’annata calcistica insieme, tra poche gioie e molti dolori, tra molte illusioni e poche soddisfazioni. Oggi questa rubrica va in vacanza non perché il sottoscritto voglia mollare la presa o perché senta la necessità di prendere un periodo di riposo, quanto perché dopo l’inopinata retrocessione diretta ci sarebbe ben poco da aggiungere a quello già ampiamente argomentato appena una settimana fa.
Quella frase, “dopo di me il diluvio” con cui chiudevo l’abituale appuntamento settimanale con i miei pochi ma affezionati lettori ed amici, sono giorni che mi inquieta oltre il dovuto; e non vorrei che suonasse come una profetica e catastrofica affermazione per i futuri destini della società e della squadra.
Quello che un po’ tutti temevano, subito dopo la conclusione del campionato, si è verificato.
Il presidente Trapani ha detto chiaro e tondo, dopo un iniziale silenzio, che è deciso a lasciare il timone della società.
Guardate, è normale e comprensibile che una persona, per quanto forte e autorevole, si lasci prendere dallo sconforto e dalla fresca e pungente delusione scaturita dalla conclusione inaspettata di un ingrato campionato. Alzi la mano chi – da responsabile – per sfogare tutta la delusione accumulata in giorni e giorni di speranze e di illusioni, non darebbe volentieri un metaforico calcio al beffardo destino che ha accompagnato il cammino della squadra in tutto il decorso campionato.
Faccia un passo in avanti chi – nelle ipotetiche vesti di dirigente della società, dopo aver tentato in tutti i modi di salvare un campionato fallimentare dal punto di vista sportivo – non senta il bisogno di eclissarsi, di isolarsi, di riflettere, di confessarsi da solo a solo per tutti gli errori commessi, anche se di sicuro non voluti, nell’ambito di una missione conclusa in malo modo.
E’ normale, è naturale, è fisiologico che un uomo – all’indomani di un risultato sportivo non rispondente alle sue aspettative, perché credeva di aver finalmente raddrizzato una barca che faceva acqua da tutte le parti – pensi di abbandonare tutto e di ritirarsi in buon ordine fra le quinte dell’anonimato puro e semplice.
Detto questo, dopo aver umanamente compreso e condiviso i motivi di una sofferta decisione, continuo a credere che Raffaele Trapani possa essere il migliore erede di se stesso.
Non me ne vogliano i nominativi di coloro i quali in questi ultimi giorni sono stati accostati alla Paganese come possibili alternative all’attuale compagine societaria, ma – se devo essere sincero, e lo sono – credo che il nome di Raffaele Trapani rappresenti per Pagani sportiva una garanzia di continuità, di passione, di equilibrio, di impegno costante. Lo ha dimostrato nel corso degli anni, con i fatti senza mai andare oltre le righe, senza mai fare dichiarazioni populistiche.
Lo ricordo nel primo anno di conduzione societaria. Sempre dietro le quinte, quasi sfuggente ai tentativi di interviste dei colleghi corrispondenti di testate nazionali e locali, rifuggiva anche da microfoni e telecamere. Aveva un dirigente, Enzo Pasca, che ingombrava tutti gli spazi radiofonici e televisivi.
Cominciò a prendere confidenza con microfoni e telecamere due anni dopo, quando dopo circa venti anni di alti e bassi in campionati anonimi fra i dilettanti, regalò la gioia della serie C2 alla città. Sobrio, freddo, sicuro di sé, cominciò a dialogare con la città. Promise che non sarebbe finita lì: che avrebbe rincorso la serie C1. E ci riuscì, laddove altri avevano fallito; lui uomo del popolo, giovane, imprenditore di se stesso.
Che bello ripassare nella mente le immagini di quei giorni! Quelle finali, quei play-off, quale tifoso potrà mai scordarle fino alla fine dei propri giorni? Quella partita con la Spal sul terreno di gioco dedicato a un grande del calcio, “Paolo Mazza”, chi potrà mai dimenticarla? E i gol di Ibekwe all’andata e al ritorno? E poi ancora i fremiti, la tachicardia da infarto nell’incontro finale e decisivo con la Reggiana al “Marcello Torre”. Chi mai potrà dimenticare quei momenti? Quel trenino colorato di azzurro, con tutto lo staff in festa, per le strade della città; quelle bandiere al vento, quella gioia che naturalmente esprimevano volti scavati da ataviche sofferenze e malcelate precedenti illusioni. C’è qualcuno, forse, che li ha già frettolosamente cancellati solo perché un campionato è andato a male?
E volete che adesso, dopo un anno disgraziato, tutto in una volta venga dimenticato il passato, vengano messe da parte tutte le emozioni che ci sono state regalate proprio da quest’uomo che ha il sangue azzurro nelle vene?
Raffaele Trapani è il primo tifoso della Paganese; è ambizioso, orgoglioso, soprattutto è un vincente per natura. E solitamente chi viene fregiato con l’etichetta di “vincente” non sa e non può arrendersi alle inevitabili avversità che si incontrano sul cammino della vita. Sono convinto che – dopo aver fatto tanto e aver conquistato di diritto un posto in prima fila nella storia della Paganese – non saprà e non vorrà abbandonare la nave in uno dei momenti più critici della sua lunga storia.
I momenti brutti vengono naturalmente nella vita di tutti.
Bisogna solo avere la forza morale di superarli.
Ovviamente, con l’aiuto della città.
Nino Ruggiero
(Rubrica “Così è, anche se non vi pare”, Paganese.it  25 maggio 2011)