Il calcio, si sa, è materia opinabile. Niente è mai certo. Sento in giro amici che, dopo l’ennesima delusione maturata al termine dell’incontro contro il Prato, parlano di moduli tattici, di calciatori che andrebbero accantonati, di formazioni e sostituzioni sbagliate, di un allenatore che avrebbe perduto il controllo della squadra. Questo è il calcio. Siamo tutti esperti, o quasi; ci sentiamo coinvolti e vogliamo dire la nostra in ogni discorso di natura tecnica, soprattutto quando i risultati non sono quelli sperati.
Sono le vittorie che annullano ogni
discorso di natura tecnico-tattica; lo cancellano in nome di un
entusiasmo collettivo che il calcio stesso sa sprigionare e che va al di
là del fatto tecnico. Abbiamo giocato male e abbiamo vinto? e che ce ne
importa? nel calcio l’importante è vincere, non partecipare.
Il guaio è che da un po’ di tempo a
questa parte si gioca male e il risultati non arrivano. Già, nisba
risultati. Niente risultati e niente gioco; insomma, niente di niente. E
volete che con questi “chiari di luna” non ci sia un dibattito, non ci siano posizioni estreme, non ci sia un “pollice verso” che accusa?
La situazione oggi non è rassicurante. Si
era partiti in sordina all’inizio del campionato allestendo una squadra
di tutto rispetto che sulla carta avrebbe dovuto dare parecchie
soddisfazioni al pubblico amico. Si era puntato su nomi di una certa
levatura tecnica tipo Soligo, Fernandez, Romondini, Caturano, Girardi;
atleti che – aggiunti ai riconfermati Scarpa, Fusco e Fava – avrebbero
dovuto assicurare la disputa di un campionato di tutto rispetto.
L’inizio era stato buono; la squadra
pareva rispondere bene alle sollecitazione tecnico-tattiche del suo
allenatore, anche se qualche riserva, in linea tecnica, era sempre
dietro l’angolo. Logico, quindi, in un campionato apparso abbastanza
livellato, che si pensasse anche a qualcosa in più di una semplice e
tranquilla salvezza. È giusto e lecito pensare sempre in grande; guai se
così non fosse. Nella vita bisogna avere sempre molta autostima; anche
se poi, purtroppo, bisogna sempre scontrarsi con la realtà. E la realtà,
specie quella caratterizzata dalla seconda parte del campionato, ci sta
consegnando una squadra che non è più quella brillante della prima
parte del torneo.
Le cause, i motivi? Materia opinabile il
calcio; l’ho sempre detto e ribadito. Ogni allenatore credo abbia un
modello di gioco da porre in essere. Poi, si sa, è il campo a dare i
responsi e da lì non si scappa. Quando si vince, ogni discorso di natura
tattica viene accantonato. L’allenatore, inoltre, è bravo quando vince;
lo è di meno, per non dire altro, quando invece la squadra non riesce a
cogliere successi.
Prendete Grassadonia. Ha sposato la causa
di un gioco altamente offensivo e non si sposta un millimetro dalla sua
idea. Mi sono guardato intorno, e non da adesso, e per quanto mi sforzi
non riesco a individuare il modello di squadra da cui prende spunto. So
soltanto che la Paganese degli ultimi tempi – quella che non vince più –
va in affanno nella zona centrale del campo dove le squadre avversarie
hanno sempre, come minimo, un giocatore in più. Andava in difficoltà
pure prima, per la verità, anche quando vinceva. Ma le vittorie avevano
un sapore giustizialista; facevano scordare tutto: gli affanni, le
fatiche, i patimenti per arrivare alla vittoria.
Contro il Prato, ancora una volta, specie
nel primo tempo, la squadra accusa un distacco pauroso tra i reparti,
uno scollamento fra gli stessi e nella zona nevralgica del gioco si
vedono solo gli avversari. Lulli e Soligo – calciatori di quantità –
giocano una gara intensa, anche ammirevole, non si risparmiano ma hanno
di fronte avversari in numero preponderante che arrivano
inevitabilmente, proprio perché in superiorità numerica, sempre primi
sulla palla. Peggio del solito va la fase di possesso palla. La mancanza
di un uomo d’ordine – al di là di una concezione condivisibile o meno
di calcio razzolante – fa il resto. La squadra appare smarrita, senza
idee, senza luce, senza personalità; il pressing asfissiante, i raddoppi
sistematici degli avversari non consentono un abbozzo di manovra, uno
scambio, due passaggi precisi di fila. La prova della difficoltà di
manovra sta tutta nel fatto che un solo tiro degno di nota, il colpo di
testa di Caturano, viene indirizzato dalle parti del portiere toscano.
Ti aspetti una correzione di rotta, che
entri un centrocampista a dare manforte alla squadra che manca proprio
di equilibrio e di qualità. Entra in campo Romondini – evidentemente
accantonato dall’inizio solo per un discorso tattico e non perché in
cattiva forma – ma esce un altro centrocampista, il giovane e
promettente Lulli; niente da fare sul discorso puramente tattico,
abbiamo scherzato.
Gioca meglio la squadra nel secondo
tempo. Romondini ha personalità e classe; forse gli manca il vigore
agonistico della prima gioventù, ma quando prende palla sa come
amministrarla, sa indirizzare la squadra, sa guidarla, sa prenderla per
mano nei momenti di difficoltà. A un atleta del genere bisognerebbe
affiancare cursori, atleti capaci di recuperare palloni; forse parliamo
di un altro calcio, di certo non di marziani.
Viaggiare ad una media di un punto a
partita, in un torneo che assegna tre punti per la vittoria ed un punto
per i pareggi, è deleterio anche per squadre che devono salvarsi. Tanti
anni fa, quando la vittoria assegnava solo due punti, poteva anche
andare bene; sempre però che il traguardo da raggiungere fosse fissato
nella salvezza. Alla sesta di ritorno, tanto per entrare nel tema che
più ci interessa, la Paganese ha collezionato soltanto sei punti; nel
girone di andata, alla stessa giornata, di punti ne aveva preso otto.
Dopo la gara con il Prato, cominciamo ad
avere un quadro più chiaro per quello che riguarda le ambizioni del team
azzurro-stellato. Riponiamo nel cassetto tanti sogni dolcemente cullati
e ricullati che investivano le posizioni di vertice della classifica.
Siamo fatti per soffrire e soffriremo; però finiamola di parlare sempre
di episodi sfavorevoli. Episodio di qua, episodio di là; si parla sempre
di episodi, manco se gli episodi non fossero parte integrante di una
partita di calcio. Immaginate solo per un istante uno scrittore che
lamenti scarsa attenzione e poco successo editoriale e di vendita per un
suo libro, a causa di un capitolo scritto male. Embè, scusate, ma il
libro chi lo ha scritto?
Siamo seri, per favore. Di banalità – è
vero – ce ne sono tante nel variegato mondo del calcio, ma non è
possibile che si vada oltre ogni limite intellettivo, come se gli
episodi fossero corpi estranei ad una partita di calcio invece di
esserne parte integrante.
Termino con gli auguri a Scarpa per le
sue cento prestazioni in maglia azzurro-stellata. Aspettavamo un po’
tutti il suo graffio d’autore in zona gol; è andata male, ma è tutto
solo rimandato.
Nino Ruggiero - paganesegraffiti.wordpress.com