18.2.13

La difficile materia del calcio.

Così è (anche se non vi pare) di Nino Ruggiero


Il calcio, si sa, è materia opinabile. Niente è mai certo. Sento in giro amici che, dopo l’ennesima delusione maturata al termine dell’incontro contro il Prato, parlano di moduli tattici, di calciatori che andrebbero accantonati, di formazioni e sostituzioni sbagliate, di un allenatore che avrebbe perduto il controllo della squadra. Questo è il calcio. Siamo tutti esperti, o quasi; ci sentiamo coinvolti e vogliamo dire la nostra in ogni discorso di natura tecnica, soprattutto quando i risultati non sono quelli sperati.
Sono le vittorie che annullano ogni discorso di natura tecnico-tattica; lo cancellano in nome di un entusiasmo collettivo che il calcio stesso sa sprigionare e che va al di là del fatto tecnico. Abbiamo giocato male e abbiamo vinto? e che ce ne importa? nel calcio l’importante è vincere, non partecipare.
Il guaio è che da un po’ di tempo a questa parte si gioca male e il risultati non arrivano. Già, nisba risultati. Niente risultati e niente gioco; insomma, niente di niente. E volete che con questi “chiari di luna” non ci sia un dibattito, non ci siano posizioni estreme, non ci sia un “pollice verso” che accusa?
La situazione oggi non è rassicurante. Si era partiti in sordina all’inizio del campionato allestendo una squadra di tutto rispetto che sulla carta avrebbe dovuto dare parecchie soddisfazioni al pubblico amico. Si era puntato su nomi di una certa levatura tecnica tipo Soligo, Fernandez, Romondini, Caturano, Girardi; atleti che – aggiunti ai riconfermati Scarpa, Fusco e Fava – avrebbero dovuto assicurare la disputa di un campionato di tutto rispetto.
L’inizio era stato buono; la squadra pareva rispondere bene alle sollecitazione tecnico-tattiche del suo allenatore, anche se qualche riserva, in linea tecnica, era sempre dietro l’angolo. Logico, quindi, in un campionato apparso abbastanza livellato, che si pensasse anche a qualcosa in più di una semplice e tranquilla salvezza. È giusto e lecito pensare sempre in grande; guai se così non fosse. Nella vita bisogna avere sempre molta autostima; anche se poi, purtroppo, bisogna sempre scontrarsi con la realtà. E la realtà, specie quella caratterizzata dalla seconda parte del campionato, ci sta consegnando una squadra che non è più quella brillante della prima parte del torneo.
Le cause, i motivi? Materia opinabile il calcio; l’ho sempre detto e ribadito. Ogni allenatore credo abbia un modello di gioco da porre in essere. Poi, si sa, è il campo a dare i responsi e da lì non si scappa. Quando si vince, ogni discorso di natura tattica viene accantonato. L’allenatore, inoltre, è bravo quando vince; lo è di meno, per non dire altro, quando invece la squadra non riesce a cogliere successi.
Prendete Grassadonia. Ha sposato la causa di un gioco altamente offensivo e non si sposta un millimetro dalla sua idea. Mi sono guardato intorno, e non da adesso, e per quanto mi sforzi non riesco a individuare il modello di squadra da cui prende spunto. So soltanto che la Paganese degli ultimi tempi – quella che non vince più – va in affanno nella zona centrale del campo dove le squadre avversarie hanno sempre, come minimo, un giocatore in più. Andava in difficoltà pure prima, per la verità, anche quando vinceva. Ma le vittorie avevano un sapore giustizialista; facevano scordare tutto: gli affanni, le fatiche, i patimenti per arrivare alla vittoria.
Contro il Prato, ancora una volta, specie nel primo tempo, la squadra accusa un distacco pauroso tra i reparti, uno scollamento fra gli stessi e nella zona nevralgica del gioco si vedono solo gli avversari. Lulli e Soligo – calciatori di quantità – giocano una gara intensa, anche ammirevole, non si risparmiano ma hanno di fronte avversari in numero preponderante che arrivano inevitabilmente, proprio perché in superiorità numerica, sempre primi sulla palla. Peggio del solito va la fase di possesso palla. La mancanza di un uomo d’ordine – al di là di una concezione condivisibile o meno di calcio razzolante – fa il resto. La squadra appare smarrita, senza idee, senza luce, senza personalità; il pressing asfissiante, i raddoppi sistematici degli avversari non consentono un abbozzo di manovra, uno scambio, due passaggi precisi di fila. La prova della difficoltà di manovra sta tutta nel fatto che un solo tiro degno di nota, il colpo di testa di Caturano, viene indirizzato dalle parti del portiere toscano.
Ti aspetti una correzione di rotta, che entri un centrocampista a dare manforte alla squadra che manca proprio di equilibrio e di qualità. Entra in campo Romondini – evidentemente accantonato dall’inizio solo per un discorso tattico e non perché in cattiva forma – ma esce un altro centrocampista, il giovane e promettente Lulli; niente da fare sul discorso puramente tattico, abbiamo scherzato.
Gioca meglio la squadra nel secondo tempo. Romondini ha personalità e classe; forse gli manca il vigore agonistico della prima gioventù, ma quando prende palla sa come amministrarla, sa indirizzare la squadra, sa guidarla, sa prenderla per mano nei momenti di difficoltà. A un atleta del genere bisognerebbe affiancare cursori, atleti capaci di recuperare palloni; forse parliamo di un altro calcio, di certo non di marziani.
Viaggiare ad una media di un punto a partita, in un torneo che assegna tre punti per la vittoria ed un punto per i pareggi, è deleterio anche per squadre che devono salvarsi. Tanti anni fa, quando la vittoria assegnava solo due punti, poteva anche andare bene; sempre però che il traguardo da raggiungere fosse fissato nella salvezza. Alla sesta di ritorno, tanto per entrare nel tema che più ci interessa, la Paganese ha collezionato soltanto sei punti; nel girone di andata, alla stessa giornata, di punti ne aveva preso otto.
Dopo la gara con il Prato, cominciamo ad avere un quadro più chiaro per quello che riguarda le ambizioni del team azzurro-stellato. Riponiamo nel cassetto tanti sogni dolcemente cullati e ricullati che investivano le posizioni di vertice della classifica. Siamo fatti per soffrire e soffriremo; però finiamola di parlare sempre di episodi sfavorevoli. Episodio di qua, episodio di là; si parla sempre di episodi, manco se gli episodi non fossero parte integrante di una partita di calcio. Immaginate solo per un istante uno scrittore che lamenti scarsa attenzione e poco successo editoriale e di vendita per un suo libro, a causa di un capitolo scritto male. Embè, scusate, ma il libro chi lo ha scritto?
Siamo seri, per favore. Di banalità – è vero – ce ne sono tante nel variegato mondo del calcio, ma non è possibile che si vada oltre ogni limite intellettivo, come se gli episodi fossero corpi estranei ad una partita di calcio invece di esserne parte integrante.
Termino con gli auguri a Scarpa per le sue cento prestazioni in maglia azzurro-stellata. Aspettavamo un po’ tutti il suo graffio d’autore in zona gol; è andata male, ma è tutto solo rimandato.