17.11.13

Le rivoluzioni di gennaio che non ci sono più.

di Nino Ruggiero

Dopo aver assistito allo scempio della partita con il Perugia, ho l’impressione che il titolo della mia rubrica andrà, come si suol dire, a carte quarantotto. Perché? Embè, credo che tutto quello che dirò, e anche quello che non dirò solo per non affondare ulteriormente la lama nella piaga già abbondantemente devastata e martoriata, sarà ampiamente condiviso e anzi ci sarà pure qualcuno che mi rimprovererà per essere stato tenero.
La rubrica, almeno oggi, dopo la disastrosa disfatta accusata con il Perugia, potrebbe assumere un’altra titolazione, diciamo: Così è, e siamo tutti d’accordo invece del tradizionale e, ad oggi, anacronistico Così è, anche se non vi pare.
Dopo l’ultimo attacco di fegato subìto inopinatamente nel pomeriggio di ieri – devo per forza di cose ripetere quanto sostenuto con questa rubrica fin dalla prima giornata del campionato in poi, non di più. Lo so, è facile dire “l’avevo già previsto”; ma a questo punto, con una situazione di classifica che sfiora la nullità, con assoluta mancanza di risultati, con prestazioni indecorose e al limite della decenza, con lo spettro incombente di una resa incondizionata nei confronti di altre squadre che dovranno essere incontrate da qui alla fine, mi sembra di poter dire che si è proprio toccato il fondo. Di chi la colpa? Del tecnico, della squadra, della società? Intendiamoci, sappiamo tutti bene che quest’anno in mancanza di retrocessioni si è cercato di attuare una politica di austerity. Credo che nessuno abbia mai preteso l’allestimento di una grossa squadra, consci dell’attuale congiuntura economica che attanaglia il Paese; ma una squadra decente, composta da giovani di belle speranze con l’innesto di tre-quattro calciatori di peso e di esperienza era nelle aspettative generali. Invece, purtroppo, ci ritroviamo con una squadra che ci fa rodere il fegato e con una desertificazione storica di pubblico. Ieri, ad esempio, con tutte le giustificazioni possibili ed immaginabili del sabato e della giornata piovosa, al fischio di inizio mi sono ritrovato con tre o quattro compagni di sventura su una tribuna assolutamente vuota; e gli altri settori non è che scherzassero…



Le squadre di calcio sono come i palazzi: si devono costruire dalle fondamenta. Inutile pensare ai dettagli e alle rifiniture se non si è cominciato dalle basi. Difesa e centrocampo costituiscono le fondamenta delle squadre di calcio. Purtroppo, la difesa della Paganese presenta lacune di ordine strutturale; non ha un leader che sappia prenderla per mano nei momenti critici della partita, che infonda coraggio e sappia suggerire la posizione tattica da tenere ai colleghi di reparto; e si sa quanto conti avere un elemento di peso e di esperienza che mette tranquillità a un reparto. Ricordate, tanto per essere nel tema, le figure di De Sanzo, di Taccola, di Fusco? Ad esempio, la facilità con la quale l’attacco del Perugia ha imperversato nella seconda parte della gara in una difesa smarrita, tagliata come da una lama calda nel burro, ha lasciato interdetti i pochi temerari presenti sulle scalee. Ad un certo punto è parso di assistere a una gara di allenamento, di quelle che una squadra di serie superiore disputa il giovedì con una squadra di categoria inferiore.
Eppure il primo tempo aveva lasciato una discreta impressione. Addirittura dopo due minuti il Perugia era stato graziato da un mancato impatto, a due passi dalla porta, di De Sena liberato, solo soletto, davanti a Koprivec da uno splendido servizio di William. Poi c’era stato il rigore, realizzato impeccabilmente per due volte dallo stesso De Sena e il Perugia aveva stentato parecchio per arrivare al pareggio.
Le partite, specie quando si incontra una squadra come il Perugia costruito senza risparmi e che addirittura si è preso il lusso di avere in panchina elementi come Mazzeo e Vitofrancesco, si possono anche perdere, ma la disfatta – consentitemelo – è un’altra cosa.
Non so come finirà la telenovela con l’allenatore Maurizi, cui imputo soprattutto due cose: 1) di non aver chiarito i termini del suo pensiero calcistico, 2) di aver consigliato l’acquisto di calciatori di cui si poteva benissimo fare meno, in presenza di un progetto giovanile.
Primo punto: si è partiti con un’idea tattica rivoluzionaria che prevedeva un calcio offensivo e poi man mano ci si è ridotti a giocare di rimessa, senza avere nemmeno gli uomini adatti per farlo, aggiungo; secondo punto: un calciatore “over” deve fare la differenza in campo, sia in termini di esperienza, sia perché deve saper guidare un reparto. In caso contrario, è meglio schierare un giovane; almeno si dà sostanza anche ai premi previsti dalla Lega.
Con questi “chiari di luna” ci avviamo verso la conclusione del girone di andata e verso quella che in altre epoche, quando ugualmente la squadra non girava nel verso desiderato, si sarebbe chiamata la “rivoluzione di gennaio”. Ma adesso, senza retrocessioni, con l’agognato nono posto che si allontana sempre di più, come la mettiamo?