Non c’è cosa peggiore per un tifoso che ha appena perso una partita in casa (la seconda consecutiva!!), che tornare alla propria casa e doversi giustificare con la famiglia abbandonata per un intero pomeriggio. Perché, almeno se ha vinto, l’ha sacrificata (la famiglia) per una giusta causa. Ma se ha perso no, si sente doppiamente in colpa, quasi come se fosse stata colpa sua se ha perso. Ed è per questo che ieri ho tardato un po’ prima di rincasare. Si perché ci sono momenti, come quello che abbiamo tutti vissuto ieri, in cui ho bisogno di stare con altri tifosi. Solo loro possono comprendere e capire lo stato di semidepressione in cui mi trovo. E così ho fatto ieri sera. Mi sono fermato con tre amici. Uno di questi, lo conoscete già, è il “grosso ma buono” della partita di Andria. Gli altri li chiameremo “il peccato originale” e “teniamocelo buono, non si può mai sapere nella vita”. Si potrebbero spendere pagine e pagine per narrare delle gesta di questi qua ma adesso non ne ho tanta voglia e quindi mi limito a dire che come al solito, ognuno aveva una sua particolarissima visione dell’andamento della partita.
C’era chi dava la colpa all’allenatore, perdendosi in astrusi ragionamenti tecnico/tattici, manco fosse Helenio Herrera.
C’era chi dava la colpa al mercato dal quale sono arrivati troppi giocatori fuori forma e non pronti.
C’era chi se la prendeva con la sfortuna perché: “possibile che al primo tiro prendiamo gol?”
E c’era chi si soffermava sul loro allenatore e sul vetusto calzino bianco che indossava. Manco bastasse questo piccolo particolare a rendere praticamente improbabile una nostra sconfitta!
Insomma, eravamo in quattro e sembrava una Torre di Babele, praticamente avevamo visto quattro partite diverse. Eppure io mi ricordo di averli visti allo stadio, ieri… Sarà stata un’allucinazione!
Poi il mesto ritorno a casa. Salgo le scale col classico capo chino del tifoso mazziato e che sa di dover dare spiegazioni, una volta varcata la soglia di casa. Per un momento spero che sia già lunedì mattina e che tutti siano presi dal solito ritmo frenetico della settimana lavorativa. Ed invece no… Il dialogo con mia moglie è più o meno questo:
Lei: “cosa avete fatto?”. Avete??!! Già questa cosa mi indispone. Come “avete”? E dove è finita la comprensione, la vicinanza, l’empatia? Ma non si era detto: “nella buona e nella cattiva sorte”?! E se non è cattiva sorte perdere 0-2 in casa, contro una squadra che ancora non ho capito come gioca e che non ha ingarrato tre passaggi consecutivi, mi spiegate qual è la cattiva sorte??
Io: “abbiamo perso”
Lei: “Uh e perché?” “perché”? Ma che domanda è? Ed ora cosa le rispondo? Mi passa davanti agli occhi, in un secondo, tutta la partita. Potrei dire che i guantoni del nostro portiere sono rimasti immacolati fino al 90°; potrei accanirmi contro Dicuonzo che si è 'arravogliato' su se stesso, per fare una rovesciata, ha sbagliato e quelli ci hanno fulminato; potrei iniziare una lunga e noiosa dissertazione e parlarle di 4-3-3, 5-3-2, 4-2-3-1; potrei dire che “non c’è niente da fare, come viene un po’ di gente in più al campo, ci va sempre male”.
Invece… Io: “che fa su sky stasera? Ci vediamo una puntata di quella bella serie tv?”. Passa un’ora. La puntata finisce e mi ritrovo solo e triste, sprofondato sul divano, pensando a cosa sarebbe stato se Dicuonzo avesse semplicemente messo la palla fuori, di testa, verso i calzini bianchi del loro allenatore. Vedo le immagini delle partite della domenica e mi faccio piccolo piccolo vedendo esultare tifosi di altre squadre. E penso: “beati loro. La loro domenica calcistica sarà stata senz’altro più bella della mia”. Ma è solo il pensiero di un grigio pomeriggio di calcio.
Rinsavisco e mi rianimo subito. E penso a quei poveri tifosi delle altre squadre. Vabbè, oggi gli sarà pure andate bene, hanno vinto, esultato e gioito. Ma cosa vuoi che sia questa effimera gioia, di fronte alla bellezza di essere tifoso di quella maglia azzurro cielo, con quella stella in petto, che accompagna ed accende di passione le nostre vite…
Alberto Maria Cesarano - © Paganesemania