Nella foto, tratta da Sportube, la traversa colpita da Tascone nel primo tempo
di Nino Ruggiero
Certe volte non so proprio da dove cominciare, sconfortato dalla ultime prestazioni della Paganese.
Quando si è già detto e scritto molto sui criteri di costruzione di una squadra, c’è ben poco da commentare sui risultati che la stessa – orfana di spiccate potenzialità – ottiene in termini di gioco e di risultati.
A Rende, nell’incontro che avrebbe dovuto chiarire le reali potenzialità della compagine azzurro-stellata, c’è stato il crollo delle residue speranze di reinserimento della stessa in zone tranquille di classifica. La squadra non ha risposto alle attese e ha disputato una gara senza infamia e senza lode. Si è vista molta buona volontà – che per la verità non manca mai – buona determinazione, ma qualità poca, molto poca. È bastato poi il solito golletto, su palla inattiva, per mettere in crisi tutto il dispositivo tattico preparato a tavolino.
Il gol subìto non si prende nemmeno nei tornei amatoriali, incassato per giunta in seguito a calcio d’angolo, con un calciatore avversario lasciato libero a due metri dalla porta. Credo che questo tipo di gol una squadra che si vuole salvare non può e non deve mai prenderlo.
C’è da dire che – settimana dopo settimana – la squadra non migliora. Gli avversari, non solo quelli di sabato scorso, arrivano sempre primi sulla palla, hanno un controllo della stessa invidiabile, si ritrovano alla perfezione nei meccanismi di interscambi. Alla Paganese, invece, riesce solo qualche iniziativa personale, chiamiamola estemporanea. È il concetto di squadra che si fa desiderare. Infatti quello che maggiormente preoccupa è il gioco espresso, o, meglio, non espresso.
Ricordo, prima a me stesso, che nel passato, si diceva – in mancanza di risultati positivi – con sentimento misto, tra il rassegnato e il rammaricato “in fondo però la squadra ha giocato bene”. Magra consolazione, certo, quasi a voler dire “sarà per un’altra occasione, perché la squadra esprime un buon gioco”. Si trattava dei classici pannicelli caldi usati dopo una sconfitta, con complimenti interessati anche e soprattutto da parte degli avversari. Adesso, se ci fate caso, nemmeno più questo tipi di commenti vengono fuori. Perché?
Purtroppo c’è più di qualcosa che non va. A cominciare dalle poche certezze su cui si basava la squadra in fase di costruzione. Lungi da me individuare in qualche atleta la causa principale di prestazioni poco consone alle aspettative della vigilia, perché mi pare di aver sempre espresso più volte chiaramente la mia stima nei confronti di chi l’ha meritata con prestazioni di alto livello; ma oggi – alla luce delle ultime prestazioni – qualcosa va rivisto anche a centrocampo. Se ci sono calciatori che hanno problemi di natura fisica, come pare, è giusto che li risolvano fermandosi per il tempo necessario. Massimiliano Favo è chiamato a prendere decisioni difficili ma doverose per presentare una squadra che sia almeno atleticamente a posto.
A prescindere dai punti che non arrivano, e se arrivano sono dispensati con il contagocce, preoccupa vedere demoralizzato e rassegnato l’intero ambiente.
Che vi devo ancora dire? L’attuale Paganese non esprime né un calcio “champagne”, come vorremmo tutti, né tantomeno un calcio passabile e – cosa assai più grave – non ha nemmeno una fase difensiva su cui basare le proprie potenzialità, perlomeno per non perdere. Le squadre, soprattutto quelle che devono raggiungere traguardi di minima, devono puntare molto sulla compattezza almeno del reparto arretrato. Invece gli errori nella fase difensiva si ripetono, settimana dopo settimana, e c’è sempre un buco che viene lasciato aperto in cui si infilano golosamente gli avversari.
L’augurio è che Favo riesca a decifrare le potenzialità della rosa a sua disposizione e che decida lo schieramento tattico da cui ripartire. Sarà già tanto, in attesa di una doverosa campagna acquisti invernale in cui non si potrà sbagliare. Importante, però, al momento, è non demordere e darci dentro come si conviene a una squadra che è chiamata a smentire ogni previsione catastrofica sul proprio futuro.
Chiudo non senza aver detto qualche parolina sul concetto di “episodio”. Si sente sempre più spesso, nelle consuete interviste del dopo partita, che la gara è stata decisa da un episodio, come se l’episodio fosse un corpo estraneo alla partita. Sarà anche colpa di una frase fatta, ma guardate che una gara è formata da tanti episodi; un po’ come un libro che è formato da tanti capitoli. Direste mai che un capitolo ha condizionato un libro? Quindi di che parliamo?
Nino Ruggiero - paganesegraffiti.wordpress.com