Per la partita di Fondi si è rinverdita una vecchia e sempre piacevole tradizione: andare in trasferta a vedere la Paganese. Devo ammetterlo, sono un po’ di anni che non riesco ad andarci tanto spesso, a differenza di prima. Un po’ per colpa delle nuove regole imposte, per cui tante trasferte, proprio quelle che sarebbero logisticamente più agevoli, sono vietate; un po’ perché da qualche anno abbiamo la possibilità di vedere tutte le partite in streaming; un po’ perché, temo, sia passato il tempo in cui non c’era da dar conto ad alcuno. Sta di fatto che questa è stata la prima trasferta del campionato in corso ed ahimè, solo la quinta o sesta degli ultimi tre quattro anni.
La macchina, vuoi le defezioni di quello, vuoi gli impedimenti di quell’altro era composta dal trio base, come mi verrebbe da dire. Un trio che per il passato ha portato a casa tante partite vinte e soprattutto vittorie di campionato. Il trio era composto dalle seguenti persone: il sottoscritto alla guida; il “grosso ma buono” al lato passeggero (del resto è il solo posto in cui riesce ad entrare in auto, per la comodità sua e soprattutto degli altri) ed una new entry per voi “’o cumpariell”. Quest’ultimo c’è sempre stato, sempre presente, nessuna defezione, anzi. Pensate che ci ha fatto un cazziatone per il solo fatto che gli avessimo chiesto la disponibilità ad andare a Fondi. E lui, con fare altero, proprio dell’uomo che non deve chiedere mai, stizzito ci fa: “È inutile che mi chiedete sempre se ci sono o meno. Lo sapete che sono sempre presente. Mi basta sapere solo a che ora si parte”. E noi, in coro: “Omm”.
Si parte alle 13.30, puntuali. Sì, perché questi qui potrebbero fare tardi al colloquio di lavoro che gli cambierebbe la vita, al loro matrimonio (magari neanche presentarsi) ma quando si tratta di andare in trasferta, sono puntuali come un orologio svizzero! Il segno del tempo che passa è proprio l’orario della partenza. Addio, quindi, alle pizze di scarole preparate dalle sapienti mani della moglie del “grosso ma buono”, spazzolate via in un secondo, in una scomoda e remota area di servizio. Non abbiamo più l’età. Attenzione! Non abbiamo più l’età per mangiare, in piedi, nelle aree di servizio ma le pizze di scarole troveranno sempre spazio nei nostri cuori (vabbè, mo si chiamano cuori mo…).
Il tifoso che parte per la trasferta è come un soldato che parte per il fronte. Si carica sulle spalle le sorti e l’avvenire di un’intera città. Per poco non arriva la banda di paese ad accompagnarlo. Il tifoso in trasferta, fiero e virile incede con passo sicuro, incurante dei pianti disperati di familiari, amici, fidanzate, mogli ed eventuali commare (chi ce l’ha), verso la missione che gli ha riservato il destino, verso il luogo dell’epico scontro, a volte distante anche centinaia di chilometri dal paese natio. E poi si parte…
Come al solito, la prima parte del viaggio è dedicata ad una veloce pre analisi della partita, partono le prime ipotesi di formazione e qualcuno si sbilancia sull’eroe di giornata che riempirà di gioia i cuori dei valorosi combattenti che avranno preso parte alla battaglia. La seconda parte del viaggio è caratterizzata da discorsi extra calcistici. Ci si distrae commentando fatti di vita quotidiana, di politica, di economia, di fisica quantistica e magari ci scappa anche qualche illuminante pensiero filosofico. Nel momento esatto in cui si avvista, per la prima volta, il cartello stradale del luogo in cui si compirà la resa dei conti, in auto cala immediatamente un silenzio fitto ma espressivo. Quello è il momento della concentrazione, in cui tutti i presenti iniziano seriamente ad entrare nel clima partita. Arrivato allo stadio, il tifoso in trasferta si guarda attorno, prova a fare un conto veloce dei presenti, di quanti siano gli altri valorosi condottieri che hanno preferito lasciare il sicuro focolare domestico pur di essere lì, dove tutto si compirà. E come nelle migliori tradizioni, c’è sempre discordanza tra quanto dicono le autorità competenti e quanto sostiene il tifoso in trasferta. E così, i circa cinquanta tifosi arrivano anche a sfiorare le svariate centinaia.
Il tifoso in trasferta guarda negli occhi gli altri suoi simili. Non c’è bisogno di tante parole, uno sguardo basta per rendere ancor più saldo un legame ed un senso di appartenenza forti come l’acciaio. E poi si torna a casa…
Il tifoso in trasferta consuma il ritorno più velocemente possibile, c’è voglia di tornare a casa presto, consapevole che ogni minuto in più trascorso in trasferta, aumenterà il volume e l’intensità degli improperi che certamente dovrà sorbirsi. Arrivano telefonate di quelli che sono rimasti vigliaccamente a casa, lasciando a pochi valorosi l’onere di portare avanti e difendere, in territorio avverso ed ostile, il vessillo azzurro stellato. Ma la telefonata è breve, non c’è molta voglia di condividere qualcosa con chi non c’era e che quindi non potrà capire.
Dunque, c’è il prima ed il dopo.
Dunque, c’è il viaggio d’andata e poi quello di ritorno.
Dunque, in mezzo c’è la partita.
Ecco, appunto, la partita.
Lasciamo perdere va che è meglio!
Alberto Maria Cesarano - © Paganesemania